Erpilio Trovati aveva 20 anni quando un gendarme francese suonò al campanello del suo appartamento situato a Mont-Boron, boulevard Carnot. La lettera che il soldato gli ha consegnato quel giorno – e che faceva seguito a due convocazioni alle quali aveva scelto di non rispondere – gli chiedeva di presentarsi rapidamente a 3 km di distanza. Se non lo fa, potrebbero esserci ritorsioni contro la sua famiglia. Poco dopo, lui portato di forza alla stazione di Nizza su un treno che lo porterà in Germania.
Lavorerà in una fabbrica vicino a Düsseldorf (Germania orientale) per più di 13 mesi, come parte del Servizio di lavoro obbligatorio (STO).* istituito dal regime di Vichy (dal 1940 al 1944).
80 anni dopo, e dopo aver raccontato la sua storia sulle nostre pagine, ha deciso, con l’aiuto della nipote Vivien, di chiedere riconoscimento e riparazione allo Stato. Un percorso giudiziario che si aggiunge a quello di Albert Corrieri, marsigliese di 102 anni, anche lui deportato e costretto a lavorare in Germania per 25 mesi.
***Dei 650.000 giovani francesi inviati in Germania nell’ambito della STO, circa 250.000 non torneranno.
Richiesta prescritta?
Martedì 14 gennaio si è svolta la prima udienza presso il tribunale amministrativo di Nizza. “Abbiamo perorato la causariferisce l’avvocato di Erpilio Michel Pautot. Il relatore pubblico ha concluso che la richiesta era prescritta. Salvo che Erpilio sia stato deportato, non può esserci prescrizione, c’è imprescrittibilità. Abbiamo presentato una richiesta di pagamento delle ore lavorate durante il periodo STO”.
Per questo l’avvocato si basa su testi, trattati e convenzioni internazionali che sollevano questa questione. Si fa riferimento in particolare al codice penale (articolo 212-1) e anche allo Statuto di Roma della Corte penale internazionale del 1998 che lo qualifica come crimine contro l’umanità “qualsiasi atto commesso nell’ambito di un attacco diffuso o sistematico lanciato contro qualsiasi popolazione civile, inclusa ad esempio la riduzione in schiavitù o la deportazione”.
O i crimini contro l’umanità lo sono “imprescrivibili per loro natura”come specificato nella legge n. 64-1326 del 26 dicembre 1964.
La sentenza definitiva non è stata ancora emessa. “Il caso è stato sottoposto a consultazione per tre settimane. Poi avremo una risposta sul termine di prescrizione”spiega l’avvocato.
“Una sensazione di amarezza”
Né Vivien né Erpilio sono sorpresi da questa prima risposta legale. “Fa un po’ scalpore perché è una battaglia che conduco per mio nonno da diversi anniconfida il nipote. Provo un sentimento di amarezza anche se non mi faccio illusioni. Questa storia della STO va avanti da 80 anni e vedo che la Francia continua a rifiutarsi di assumersi le proprie responsabilità. Queste persone non sono mai state prese in considerazione. È come se non fossero mai esistiti, come se non avessero vissuto nulla di difficile nonostante fossero traumatizzati.”
Per Michel Pautot, non riconoscere la deportazione delle STO e quindi l’imprescrittibilità dei fatti significherà “creare discriminazioni nel trattamento di questi reati” e continueranno ad essere il “dimenticato dalla storia”. E per concludere: “Dobbiamo aspettare il risultato e continuare a lottare per la memoria e i diritti delle vittime della STO”.