Rintracciare l’HIV dormiente nel corpo per eliminarlo definitivamente

Rintracciare l’HIV dormiente nel corpo per eliminarlo definitivamente
Rintracciare l’HIV dormiente nel corpo per eliminarlo definitivamente
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Eric A. Cohen e Tram Pham

Credito: IRCM

Sebbene le persone affette da HIV possano ora sopravvivere grazie alle terapie moderne, la scienza non è ancora in grado di svelare il mistero di questo virus e di sradicarlo definitivamente. Nuovo lavoro effettuato nel laboratorio di DR Éric A. Cohen, direttore dell’unità di retrovirologia umana presso il Montreal Clinical Research Institute e professore presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Montreal, compie un passo importante verso la comprensione delle vulnerabilità delle sacche di resistenza del virus nell’organismo e quindi spero di riuscire a contrastarli.

La sfida del virus latente nel corpo

La presenza di cellule contenenti forme latenti di HIV, che non sono sensibili agli attuali trattamenti antiretrovirali, costituisce un ostacolo all’eradicazione dell’HIV nelle persone che ne soffrono. L’eliminazione di queste cellule, chiamate serbatoi, eviterebbe, negli individui infetti e trattati a lungo termine, la ripresa della viremia osservata nonché la progressione della malattia quando si interrompono i trattamenti, da un lato e l’infiammazione cronica associata alla presenza di questi serbatoi, che porta a diverse comorbilità (come disturbi cognitivi, cardiovascolari e alcuni tumori), dall’altro.

Sradicare questi serbatoi rimane quindi un obiettivo importante nella battaglia a lungo termine contro l’HIV, questo virus che ha devastato e ucciso così tante vite sin dalla sua comparsa nelle nostre società all’inizio degli anni ’80.

Riattivare l’HIV latente per eliminarlo

L’obiettivo del lavoro del laboratorio di DR Cohen, effettuato con l’aiuto del ricercatore Tram Pham, aveva lo scopo di valutare l’effetto di una famiglia di molecole, chiamate ²SMAC Mimetic, che vengono utilizzate nella lotta contro il cancro. Questa famiglia di molecole ha due importanti proprietà, ovvero quella di riattivare l’espressione dei geni che rispondono ad un fattore di trascrizione chiamato NFkB, come l’HIV, senza provocare reazioni proinfiammatorie significative e quella di produrre cellule che esprimono alti livelli di inibitori dell’apoptosi (tipo di morte cellulare), come i serbatoi dell’HIV, causandone quindi la morte. Il team ha quindi deciso di valutare l’effetto di queste molecole in una strategia chiamata scioccare e uccidere, che consiste nel riattivare l’HIV latente, o dormiente, nei serbatoi e uccidere le cellule riattivate predisponendole all’apoptosi.

In collaborazione con la società Ascentage Pharma, gli scienziati hanno testato una molecola appartenente a questa famiglia, APG-1387, che è attualmente oggetto di studi clinici in oncologia. La valutazione è stata effettuata su modelli cellulari e in vivo nel modello di latenza dell’HIV sviluppato da questo laboratorio in topi umanizzati, il tutto con l’obiettivo di convalidare il concetto.

Il trattamento con APG-1387 ha mostrato una riduzione delle dimensioni del serbatoio nei topi infetti trattati con agenti retrovirali. Inoltre, dopo un’interruzione del trattamento antiretrovirale, il rimbalzo della viremia è stato minore ed è apparso dopo un certo tempo nei topi trattati con APG-1387, il che suggerisce che vi sia una riduzione dei serbatoi latenti.

“Questo lavoro è importante in quanto conferma che questa strategia può funzionare in vivo senza troppi effetti tossici; ci rivelano anche vulnerabilità intrinseche nei serbatoi del virus che potrebbero essere sfruttate per eliminare l’HIV latente”, sottolinea il Dr.R Cohen.

Spiega che i lavori successivi cercheranno di combinare questo approccio con interventi di stimolazione del sistema immunitario per ottenere un’eliminazione più marcata dei serbatoi del virus.


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