COVID: Sul rischio cardiomiopatia senza infezione cardiaca

COVID: Sul rischio cardiomiopatia senza infezione cardiaca
COVID: Sul rischio cardiomiopatia senza infezione cardiaca
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La ricerca esamina specificamente il danno al cuore dei pazienti con sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) associata a SARS-CoV2, una complicanza polmonare grave e fatale. Tuttavia, i suoi risultati potrebbero essere rilevanti per organi diversi dal cuore così come per virus diversi dal SARS-CoV-2: ricerche precedenti hanno quindi suggerito che le complicanze cerebrali e neurologiche del COVID siano piuttosto correlate all’infiammazione piuttosto che all’infezione cerebrale.

Gli scienziati sanno da tempo che il COVID-19 aumenta il rischio di infarti, ictus e COVID lungo.

Oltre il 50% dei pazienti che sviluppano COVID-19 presentano infiammazioni o danni al cuore.

Resta però aperta la questione se il danno si verifichi perché il virus infetta il tessuto cardiaco o a causa di un’infiammazione sistemica innescata dalla risposta immunitaria al virus.

Una comprensione completamente nuova del legame tra danno polmonare e infiammazione

Uno degli autori principali, la dottoressa Michelle Olive, direttrice della ricerca traslazionale di base e precoce presso NHLBI, aggiunge: “La ricerca suggerisce anche che sopprimere l’infiammazione potrebbe aiutare a ridurre al minimo queste complicazioni”.

Lo studio focalizzato sulle cellule immunitarie dei macrofagi cardiaci, che normalmente svolgono un ruolo fondamentale nel mantenimento della salute del tessuto cardiaco ma possono diventare infiammatorie in risposta a lesioni come infarto o insufficienza cardiaca. I ricercatori hanno quindi analizzato campioni di tessuto cardiaco di 21 pazienti deceduti per ARDS associata a SARS-CoV-2 e li hanno confrontati con campioni di 33 pazienti deceduti per cause non correlate a COVID-19. Il monitoraggio dei macrofagi dopo l’infezione è stato effettuato anche in modelli murini di infezione da SARS-CoV-2. Questi studi condotti su esseri umani e topi rivelano che:

  • L’infezione da SARS-CoV-2 aumenta il numero totale di macrofagi cardiaci e li rende più infiammatori;
  • quando i macrofagi non svolgono più la loro normale funzione, che comprende il mantenimento del metabolismo cardiaco e l’eliminazione di batteri nocivi o altri agenti estranei, infiammano e indeboliscono il cuore e il resto del corpo;
  • anche in assenza di virus, i modelli murini COVID sviluppano risposte immunitarie abbastanza forti da produrre lo stesso cambiamento nei loro macrofagi cardiaci già osservato nei pazienti deceduti a causa di COVID-19.

Nel loro insieme queste osservazioni confermano che dopo l’infezione da COVID, il sistema immunitario può infliggere danni a distanza ad altri organi innescando gravi infiammazioni in tutto il corpo. Questa infiammazione sistemica si aggiunge al danno che il virus infligge direttamente al tessuto polmonare.

Bloccando la risposta immunitaria con un anticorpo neutralizzante è possibile – sempre nei topi – arrestare il flusso dei macrofagi cardiaci infiammatori e preservare la funzionalità cardiaca.

In altre parole, questa ricerca supporta la responsabilità dell’infiammazione, piuttosto che dell’infezione, nell’incidenza del danno cardiaco associato a COVID.

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