PFAS: secondo uno studio aragoste e gamberi sono i frutti di mare più contaminati

PFAS: secondo uno studio aragoste e gamberi sono i frutti di mare più contaminati
PFAS: secondo uno studio aragoste e gamberi sono i frutti di mare più contaminati
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Uno studio condotto da dieci ricercatori americani rivela che i frutti di mare, in particolare gamberi e aragoste, presentano livelli molto elevati di contaminazione da PFAS. Questi eterni inquinanti hanno però effetti dannosi sulla nostra salute.

Fornelli, vestiti, attrezzatura da sci, trucchi, acqua… PFAS o altrimenti chiamati “inquinanti eterni” sono presenti nei nostri oggetti di tutti i giorni. Di fronte a questa crisi sanitaria, la Francia ha approvato un disegno di legge volto a eliminare questi prodotti nocivi dai nostri cosmetici, dall’abbigliamento e dall’acqua potabile. Tuttavia, un altro ambiente è colpito da questa molecola dannosa: l’oceano e i frutti di mare. uno studio americano del Dartmouth College hanno misurato il livello di concentrazione di 26 tipi di PFAS in diversi campioni delle specie marine più consumate. Risultato? Tutti questi pesci contengono PFAS.

Aragoste e gamberetti hanno alte concentrazioni di PFAS

Per realizzare questo esperimento, il team di ricercatori ha analizzato campioni di merluzzo, salmone, gamberi, tonno, capesante, aragoste ed eglefino, catturati lo stesso giorno e venduti al mercato sulla costa del New Hampshire, nel nord-est degli Stati Uniti. Secondo le analisi effettuate, gamberetti e aragoste contengono rispettivamente otto e nove composti PFAS. Il livello di PFOS (una molecola PFAS di 8 atomi di carbonio) osservato nella carne dei gamberetti è di 2,7 nanogrammi. Per quanto riguarda le concentrazioni negli altri alimenti, queste sono rimaste inferiori a un nanogrammo per grammo di tessuto.

Come sono stati contaminati questi pesci?

Lo studio non ha rivelato concretamente come e dove esattamente queste sostanze chimiche possano essersi infiltrate nella catena alimentare degli oceani. D’altro canto, l’ecotossicologo Wilfried Sanchez e Yann Aminot, biogeochimico dei contaminanti organici dell’Ifremer (Istituto francese di ricerca per lo sfruttamento del mare) suggeriscono che la contaminazione dei frutti di mare potrebbe essere dovuta ad una dieta di specie già contaminate da questo inquinante, nell’oceano. Anche i rifiuti abbandonati dalle fabbriche vengono individuati dagli esperti. “Tra i grandi estuari francesi (Senna, Loira e Gironda), quello della Senna risulta essere il più contaminato, il che può essere collegato alla significativa presenza umana e industriale nel suo bacino. I PFAS sono stati rinvenuti in tutte le specie che costituiscono la catena alimentare della spigola e della sogliola, come gli invertebrati bentonici, lo zooplancton o le aringhe”, dettagliano ai media la conversazione. E per una buona ragione, questa proliferazione di PFAS si estende oltre le coste europee, raggiungendo gli Stati Uniti. “Poco intrappolati nei sedimenti, i PFAS seguono la circolazione oceanica e vengono lentamente trasportati dalle loro fonti nordamericane ed europee al resto degli oceani”, aggiungono gli scienziati. Inoltre, il media Reporterre suggerisce anche che questa contaminazione sia avvenuta dopo la pesca di questi animali, al momento del loro acquisto: venivano infatti confezionati o riposti in contenitori di plastica”. La plastica, infatti, è costituita da queste molecole.

Gli scienziati chiedono linee guida

Oltre a misurare queste concentrazioni, gli scienziati del Dartmouth College hanno anche valutato il rischio di esposizione legato al consumo di questi frutti di mare tra 1.829 residenti di New Hamphire. E i risultati lo dimostrano Il 95% degli adulti intervistati ha mangiato questi pesci durante l’anno : “I tassi di consumo giornaliero di prodotti ittici per gli adulti (mediana: 33,9 g/giorno) e i bambini (5 g/giorno) sono leggermente superiori alla media nazionale”. Queste cifre non sono affatto banali poiché questa esposizione ai PFAS non è priva di effetti: “ il rischio di esposizione a PFOS e PFUnDA [deux composés chimiques de la famille des PFAS] nei gamberetti e nelle aragoste acquistati commercialmente è considerato eccessivo rispetto ai valori sanitari indicativi”, dettaglia lo studio. In effeti, questi inquinanti eterni possono avere effetti di disturbo sulla tiroide e sul sistema endocrino, ma possono anche avere un impatto sulla fertilità e causare un ritardo nella crescita del feto. Pertanto, gli autori dello studio insistono sul fatto di mettere in adottare misure e linee guida concrete, in particolare stabilendo una soglia limite per questi PFAS. “Il nostro consiglio è di non smettere di mangiarlo, afferma la coautrice Megan Romano, professore associato di epidemiologia presso la Geisel School of Medicine dell’università. Il pesce è un’ottima fonte di proteine ​​magre e acidi grassi omega”.

Nell’aprile 2024, negli Stati Uniti, l’American Environmental Protection Agency ha stabilito per la prima volta soglie di concentrazione per 6 PFAS (PFOS, PFOA, PFHxS, PFNA e HFPO-DA detti anche GenX) nell’acqua potabile. Per PFOA e PFOS è autorizzato un massimo di 4 ng/l. Per gli altri 3 PFAS (PFNA, PFHxS e GenX) è pari a 10 ng/l massimo.

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