Ci sono voluti 112 minuti perché la calma arrivasse a un Bernabéu arrabbiato che non poteva aspettare un simile risultato nei tempi regolamentari dove due errori specifici ma disastrosi hanno permesso al Celta di portare la parità ai supplementari. Endrick ha superato gli ottavi.
È stata una notte propizia al tintinnio delle sciabole, al crepitio dei flauti e alla musica dei fiati in un Bernabéu arrabbiato, soprattutto dopo la scossa saudita della farsa di Laporta che ha lasciato Madrid in balia del suo destino, morendo nel deserto. Notte da tenere stretta, come direbbe il nostro Manito Hugo Sánchez. Soprattutto se il tuo cognome è Tchouaméni e il tuo nome è Aureliano. Almeno Carletto ha deciso che per una volta giocherà al suo posto e il suo posto sull’asse della difesa sarà occupato dal giovane Asencio affiancato – a questo punto – da ciò che resta di Rüdiger. Da una parte Lucas Vázquez è ancora una volta in discussione, dall’altra Fran García vince una nuova battaglia contro Mendy, la cui vecchia insormontabile solidità difensiva oggi equivale a contrattare una sedia da campo. Ceballos e Modric accompagnerebbero Tchou a centrocampo per dare un po’ di riposo agli esausti Valverde e Bellingham e al cortocircuitato Yeda Camavinga. Sopra, Brahim, Mbappé e Vini. Sotto i bastoncini, Lunin e, davanti, la celeste minaccia fantasma della Coppa, dove un nuovo intoppo potrebbe indirizzare un potente vento di uragano in panchina… e box?
È così che alcune persone lo spendono.
Nell’atmosfera fredda del Bernabéu, incitata solo dai fischi ogni volta che la palla passava attraverso gli stivali di Tchouaméni o dai rapidi contrasti di un coraggioso Raúl Asencio, il Real Madrid appariva freddo, ancora reduce dalle mille e una notte culé dell’Arabia. Anche l’azzurro dal nome intergalattico, Starfelt, ha messo in ansia il cuore del Merengue quando il suo colpo di testa da distanza ravvicinata è rimbalzato docilmente sulla traversa. Gli uomini di Ancelotti, timorosi dell’ira dello stadio, hanno generato poco e nulla, appena due innocui tiri dalla distanza, con Vini e Mbappé soli, inoperanti. Con il Real sul divano, il Celta, comodo, girovagava per i domini di Lunin, a cui importa tanto Celta, Barça, City, Bollullos del Condado o sposarsi in tuta. Una stupidaggine, quasi mezz’ora di vero nulla – se non sbuffi e sbuffi – di un Bernabéu suscettibile e un fallo clamoroso sul balcone dell’area, di quelli che sono gialli e vengono fischiati a tutti tranne a Vinícius Junior.
A poco a poco, immerso in un’apparente agonia, il Real Madrid ha lottato contro la propria esasperante lentezza nella circolazione della palla e, lentamente, sotto la guida di un uomo di Utrera e di un altro di Zara, ha cominciato a mettere all’angolo la squadra di Vigo. Il Bernabéu ringrazia lo sforzo con un paio di ruggiti mentre il piede del portiere azzurro impedisce a Brahim di calmare le acque del Real Madrid. Il tabellone si aprirà poco dopo in modo stravagante. Una perdita di palla spericolata e incomprensibile da parte di Vini ha portato Swedberg all’uno contro uno contro Lunin, che è uscito veloce e veloce ai suoi piedi e ha portato così al tiro dello svedese tra le rabbiose proteste del Celta. Insolito che non l’abbia fischiato. Ricordiamo l’infortunato Iago Aspas e il virgoletteventi che avrebbero fatto. L’arbitro non è intervenuto e nemmeno il VAR, che prevarica in altro modo. Bizzarro, in ogni caso. Con un rigore e un’espulsione si sarebbero aperte le porte dell’inferno bianconero. E così, in mezzo a una lotta celestiale, la palla è arrivata a Mbappé, sulla sinistra, dove piace a lui, e da lì l’ha cucinata e sgranocchiata per liberarsi del suo marcatore con un velocipede folgorante e distruggere senza angolazione la porta del Celta. . . 1-0, stella Kylian, al 36′. Da parte sua Vini, eclissato e messo in ombra nei primi 45 minuti… e ultimamente.
Il gol ha temperato il Real Madrid, apparso nel secondo tempo con un nuovo energia Cosa direbbe Carletto. L’atonia depressiva dei primi istanti sembrava un brutto ricordo, anche Tchouaméni, da centrocampista difensivo, a tratti ricordava il calciatore per cui lottava mezzo Vecchio Continente. E presto arrivò la sentenza. O almeno così ci è sembrato.
Mbappé, partecipativo, taglia la corrida al centro del campo e, di destro, manda lungo per Brahim. Il malagase ha aspettato giusto il tempo per servire Vini che con temperanza ha portato tranquillità in tribuna, una calma disturbata solo da una confusione difensiva che è quasi finita in disgrazia e che è stata salvata da… Tchouaméni. Quali cose ha la vita?
Il portiere del Celta ha risposto all’errore con un brutto passaggio che ha lasciato Vini uno contro uno davanti alla porta azzurra. Starfelt para il mestolo con cui Vini aveva eluso il portiere sulla linea, emulando il miglior González Blanco. Un attimo prima, Mbappé aveva potuto decidere la frase finale con un colpo di testa fuori, forzato, ma a un metro dalla porta, dopo un guizzo fenomenale di Brahim e anche più tardi con un tiro a giro vicino all’incrocio dei pali. Il Celta, per resistenza, ha offerto un tiro a bruciapelo da un altro potenziale Pallone d’Oro della Masía de las Maravillas, un certo Ilaix Moriba.
Il Real Madrid ha evitato a fatica un’altra vincita di coppa consecutiva, ha spaventato gli spaventapasseri e ha impedito per alcuni giorni un nuovo incasso di fatture dai periti del soggiorno e calci piazzati
Nonostante l’atmosfera disastrosa che prevaleva nel periodo precedente la partita, sembrava che sarebbe stata una notte tranquilla. Güler, Endrick, Camavinga e Valverde sono entrati in partita al posto di Modric, Brahim, Mbappé e Ceballos, e si è visto anche il terzo gol annullato al giovane ottomano su regalo di Vinícius. È stato allora che abbiamo assistito all’ennesimo cortocircuito di Eduardo. Al minuto 82, un retropassaggio diretto all’avversario lascia Bamba solo a tirare Lunin. A ballare la bamba, Camavinga. I nervi, l’angoscia, i demoni e i fantasmi, dall’Arabia Saudita e oltre, sono tornati all’unisono. Come se non bastasse, lo hanno fatto all’ultimo minuto con un rigore impetuoso, focoso e spericolato commesso da Asencio su Bamba. Peccato di gioventù. Marcos Alonso pareggia dagli undici metri prima dell’interruzione, dei tempi supplementari e dell’ingresso di Jude Bellingham per Fran García. Insomma, due errori concreti ma fatali hanno portato al prolungamento sotto il fragore del Bernabéu.
Volontari, ma presi dalla sfortuna e impotenti contro la rinvigorita difesa dei galiziani, entrambi i contendenti hanno accumulato un primo tempo supplementare senza alcun tiro in porta da segnalare, solo un passaggio di Valverde e una corsa di Camavinga che non ha trovato bersaglio, nel giro di un pittoresco undici disposto a questo punto da Ancelotti. Sicuramente la vecchia volpe reggiana non si aspettava questo scempio. Significativo in questo senso che Rodrygo abbia sostituito Vinícius per affrontare l’ultimo tratto della sfida, con il patibolo degli undici metri all’orizzonte. Un destino sfortunato che, mancato fino a quel momento, Endrick ha evocato al 107′ dopo aver ricevuto un passaggio interno da Aladín Güler.
L’imberbe brasiliano Bobby Brown, con la parte inferiore del corpo che ricorda un rotore industriale, si è girato violentemente per colpire con maggiore virulenza la rete del Celtic. Un po’ meno spaventosi i fantasmi, spettri che Valverde avrebbe definitivamente scacciato con un’altra esplosione da Montevideo.
4-2 al minuto 112 e una vittoria che ha culminato le meringhe con un tacco finale di Endrick desideroso di mostrare il suo repertorio alla parrocchia. Il Real Madrid ha evitato a fatica un’altra vincita di coppa consecutiva, ha spaventato gli spaventapasseri e ha impedito per alcuni giorni nuovi incassi di fatture ai periti di poltrona e calci piazzati. Quest’uomo morto è ancora vivo.
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