lIl rischio che la Francia si ritrovi questa settimana senza governo e senza bilancio è aumentato sostanzialmente lunedì 2 dicembre, con la presentazione di due mozioni di censura in seguito all'attivazione dell'articolo 49.3 da parte di Michel Barnier per tentare di ottenere la legge di finanziamento della previdenza sociale. Uno viene da sinistra, l'altro dal Raduno Nazionale (RN). Se i due voti uniranno, cosa che la RN intende fare votando il testo presentato dal Nuovo Fronte Popolare (NFP), il destino del governo sarà segnato. La fine della suspense è prevista per metà settimana in una seduta pubblica.
Questo tuffo nell'ignoto è tanto più sconcertante in quanto, oggettivamente, i contendenti alle elezioni presidenziali, da qualunque parte si trovino, hanno tutti interesse a vedere attuato rapidamente un minimo di risanamento dei conti pubblici. Giocare con un approccio attendista, con gli scarti o con la crisi in un contesto di bassa crescita non è la scommessa giusta. Senza controllo, il deficit di bilancio, che attualmente supera il 6% del PIL, ha l'effetto di gonfiare il debito pubblico che ha già raggiunto i 3.200 miliardi di euro e sta diventando sempre più costoso da finanziare.
Quanto più aumenta l’incertezza politica, tanto più aumenta il premio per il rischio, con la conseguenza di aumentare un po’ di più il peso del debito, con il rischio di limitare la capacità di azione pubblica nei prossimi anni. Ancor prima delle turbolenze degli ultimi giorni, Bercy aveva previsto che il rimborso degli interessi sui prestiti che hanno mobilitato 39 miliardi di euro di crediti pubblici nel 2022 avrebbe assorbito 55 miliardi di euro l’anno prossimo e 75 miliardi di euro nel 2027.
Macerie di dissoluzione
La spirale politica che conduce inesorabilmente Michel Barnier verso l'uscita senza dargli il tempo di intraprendere qualcosa di serio, è iniziata in un contesto economico sempre più cupo, in un contesto internazionale sempre più duro e in una costruzione europea che si indebolisce. Questi tre fatti sono rimasti del tutto estranei al dramma, come se la rappresentanza nazionale recitasse al completo, rischiando di alimentare un latente antiparlamentarismo.
Niente, però, è stato scritto in anticipo se ci soffermiamo qualche istante sul profilo del primo ministro designato, il 5 settembre, per provare a tracciare un percorso in mezzo alle macerie dello scioglimento: un uomo del centrodestra , con solide reti sia a sinistra che a destra, esperti nei negoziati europei, la cui età (73 anni) ed esperienza sembravano proteggere da ogni arroganza.
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