“Signore, allarga i nostri confini! » – ZENIT

-

Signor Rettore,
Signore e Signori Professori,
cari fratelli e sorelle, buon pomeriggio!

Sono lieto di essere tra voi e ringrazio il Rettore per le sue parole di benvenuto con le quali ha ricordato la storia e la tradizione in cui è radicata questa Università, nonché alcune delle principali sfide attuali che tutti ci troviamo ad affrontare. Questo è il primo compito dell’Ateneo: offrire una formazione completa affinché le persone abbiano gli strumenti necessari per interpretare il presente e progettare il futuro.

La formazione culturale, infatti, non è mai fine a se stessa e le Università non devono correre il rischio di diventare “cattedrali nel deserto”. Sono, per natura, luoghi che promuovono idee e nuovi stimoli per la vita e il pensiero dell’uomo e per le sfide della società, vale a dire generare spazi. È bello pensare che l’Università genera cultura, genera idee, ma soprattutto promuove la passione per la ricerca della verità al servizio del progresso umano. In particolare, le Università cattoliche, come questa, sono chiamate a “portare il contributo decisivo del lievito, del sale e della luce del Vangelo di Gesù Cristo e della Tradizione viva della Chiesa sempre aperta a nuovi scenari e a nuove proposte” (Cost. ap. La gioia della veritàN. 3).

Desidero quindi rivolgervi un semplice invito: ampliare le frontiere della conoscenza ! Non si tratta di moltiplicare nozioni e teorie, ma di fare della formazione accademica e culturale uno spazio vitale che abbraccia la vita e parla alla vita.

C’è una breve storia biblica raccontata nel Libro delle Cronache, che mi piace ricordare qui. Il protagonista è Yabés, che rivolge a Dio questa supplica: “Se davvero mi benedirai, allargherai il mio territorio” (1 cap 4, 10). Yabés significa “dolore”, ed è stato chiamato così perché sua madre ha sofferto molto nel darlo alla luce. Ma ora Yabés non vuole restare chiuso nel suo dolore, trascinandosi tra i lamenti, e prega il Signore che “allarga i confini” della sua vita per entrare in uno spazio benedetto, più grande, più accogliente. Il contrario sono le chiusure.

Ampliare i confini e diventare uno spazio aperto, per l’uomo e per la società, è la grande missione dell’Università.

Nel nostro contesto, infatti, ci troviamo di fronte ad una situazione ambivalente in cui i confini sono ristretti. Da un lato siamo immersi in una cultura segnata dalla rinuncia alla ricerca della verità. Abbiamo perso la passione inquieta per la ricerca, per rifugiarci nel conforto del pensiero debole – il dramma del pensiero debole –, per rifugiarci nella convinzione che tutto vale, che una cosa vale un’altra, che tutto è relativo. D’altra parte, quando, in contesti accademici e altrove, si parla di verità, spesso si cade in un atteggiamento razionalista secondo il quale solo ciò che si può misurare, sperimentare e toccare può essere considerato vero, come se la vita fosse ridotta unicamente a materia e ciò che è visibile. In entrambi i casi i confini sono ristretti.

Da un lato abbiamo il stanchezza della mente che ci condanna all’incertezza permanente e all’assenza di passione, come se fosse inutile cercare un senso in una realtà che resta incomprensibile. Questo sentimento appare spesso in alcuni personaggi dell’opera di Franz Kafka, che descrisse la tragica e angosciante condizione dell’uomo nel XX secolo.e secolo. In un dialogo tra due personaggi di uno dei suoi racconti troviamo questa affermazione: “Credo che tu non ti preoccupi della verità solo perché è troppo difficile” (StorieMilano 1990, 38). La ricerca della verità è dolorosa perché ci costringe a uscire da noi stessi, a rischiare, a porci domande. Ecco perché, nella fatica della mente, siamo più sedotti da una vita superficiale, che non si pone troppe domande; così come ci attrae una “fede” facile, leggera, comoda, che non mette mai nulla in discussione.

D’altra parte, al contrario, abbiamo il razionalismo senz’anima in cui rischiamo di ricadere oggi, condizionati dalla cultura tecnocratica che a questo ci porta. Quando riduciamo l’uomo alla sola materia, quando la realtà è bloccata nei limiti del visibile, quando la ragione è solo ragione matematica, quando la ragione è solo “laboratorio”, allora lo stupore scompare – e quando manca lo stupore, non possiamo pensare; lo stupore è l’inizio della filosofia, è l’inizio del pensiero -, scompare quella meraviglia interiore che spinge a guardare oltre, a guardare il cielo, a scoprire nella verità nascosta che risponde alle domande fondamentali: perché vivo? Qual è il significato della mia vita? Qual è l’obiettivo finale e il fine ultimo di questo viaggio? Romano Guardini si chiedeva: “Perché l’uomo, nonostante tutti i progressi, è così sconosciuto a se stesso e lo diventa sempre di più? Perché ha perso la chiave per comprendere l’essenza dell’uomo. La legge della nostra verità dice che l’uomo può essere riconosciuto solo dall’alto, al di sopra di se stesso, da Dio, perché solo da Lui trae la sua esistenza” (Preghiera e veritàBrescia 1973, p. 56).

Cari insegnanti, contro la stanchezza della mente e il razionalismo senz’anima, impariamo anche noi a pregare come Yabes: “Signore, allarga i nostri confini!” Chiediamo a Dio di benedire il nostro lavoro, al servizio di una cultura capace di affrontare le sfide di oggi. Lo Spirito Santo che abbiamo ricevuto in dono ci spinge a cercare, ad aprire gli spazi del nostro pensiero e della nostra azione, fino a condurci alla verità intera (cfr. Gv 16, 13). Siamo consapevoli – come ci ha detto all’inizio il Rettore – che “non sappiamo ancora tutto”, ma, allo stesso tempo, è proprio questo limite che deve spingervi sempre avanti, aiutarvi a tenere accesa la luce fiamma della ricerca e di restare una finestra aperta sul mondo di oggi.

Viaggio apostolico in Belgio: Incontro con i professori universitari, 27 settembre 2024 © Vatican MediaE, a questo proposito, voglio dirvi sinceramente: grazie! Grazie perché, allargando i vostri confini, vi state facendo spazio di accoglienza per tutti i profughi costretti a fuggire dal loro Paese, in mezzo a mille insicurezze, enormi difficoltà e sofferenze talvolta strazianti. GRAZIE ! Abbiamo visto prima, nel video, una testimonianza molto toccante. E mentre alcuni chiedono di rafforzare i confini, voi, come comunità accademica, li avete ampliati. GRAZIE ! Hai aperto le tue braccia per accogliere queste persone segnate dal dolore, per aiutarle a studiare e a crescere. GRAZIE !

Abbiamo bisogno di questo: di una cultura che espandere i confiniche non è “settario” – e tu non sei settario. GRAZIE ! – e non pretende di essere al di sopra degli altri, ma che, al contrario, si inserisce nella pasta del mondo portando un lievito buono che contribuisce al bene dell’umanità. Questo compito, questa “speranza più grande” è affidata a voi!

Un teologo di questo Paese, figlio e professore di questa università, diceva: “Noi siamo il roveto ardente che permette a Dio di manifestarsi” (A. GESCHÉ, Dio a pensare. CristoCinisello Balsamo 2003, pag. 276). Mantieni accesa la fiamma di questo fuoco; espandere i confini! Abbiate cura, per favore, della preoccupazione per la vita, siate cercatori della verità e non spegnete mai la vostra passione, per non cadere nell’accidia del pensiero, che è una bruttissima malattia. Siate protagonisti nel creare una cultura di inclusione, compassione, attenzione ai più deboli e alle grandi sfide del mondo in cui viviamo.

E per favore, non dimenticarti di pregare per me. GRAZIE !

-

PREV Julian Alaphilippe si ritira dopo una pesante caduta
NEXT Ahki rivela il suo ricordo più bello da quando è arrivato al club