La Société des mines du Sénégal (Somisen) ha avviato un audit finanziario nei confronti di 14 compagnie minerarie. Secondo Libération, questa decisione arriva al momento giusto dato, sottolinea il giornale, “un vero lassismo in un contesto di regno del bambùla”.[ant] nel settore.
Lo ricordano Ngagne Demba Touré, direttore generale di Somisen, nel fare il punto della situazione, lamentando “la debolezza” dello Stato nelle operazioni minerarie. “Il primo paradosso è che lo Stato, che poteva far valere il proprio diritto ad “aumentare” il capitale delle società in questione, non ha mai creduto di dover andare oltre il 10%.
Una percentuale insignificante se la confrontiamo con quella stabilita da paesi come il Mali. Inoltre, il Codice UEMOA indica chiaramente che questo tasso può arrivare fino al 15%”, conferma il giornale.
La stessa fonte, andando oltre, sostiene che “il fatto di detenere anche solo il 10% dà allo Stato il diritto di avere un rappresentante nel consiglio di amministrazione e nell'Assemblea generale dei ministeri. [Or]questo diritto non è mai stato rispettato.
“Fu solo con l’avvento del nuovo regime che il direttore generale di Somisen contattò il ministero responsabile del Petrolio e delle Miniere, [adressant] una lettera in tal senso alle compagnie minerarie. Nonostante questa direttiva, solo 11 società su 14 si sono conformate. L'Operazione Grande Côte (Gco), Dangote e le Industrie Chimiche del Senegal (Ics) continuano a resistere», respira Libération.
Che aggiunge, a proposito dei diritti finanziari, che “solo Sabodala e Gco pagano dividendi allo Stato [même si] Tali importi sono ridicoli rispetto a ciò che queste aziende stanno producendo”.
Ad esempio, aggiunge Libération, “mentre quest'anno l'oro si trova tra i 2.500 e i 2.600 dollari, [soit plus plus de 1,5 million de francs Cfa]Sabodala va [toucher] almeno 400 miliardi di franchi CFA. La società pagherà però meno di 5 miliardi allo Stato del Senegal.
Altro esempio: “Nel 2022 Somiva, che sfrutta i fosfati Matam, ha prodotto 600.000 tonnellate di fosfato, ma [elle n’a] pagato a Somisen [que] 80 milioni.»
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