Nata nel 1970, nella periferia di Sydney, e adottata da una famiglia australiana, una donna scoprì all’età di 21 anni, nel 1991, che i suoi genitori biologici erano svizzeri. Nello stesso anno si rivolse all’Ente Nazionale Svizzero del Turismo in Australia nella speranza di ritrovare i suoi genitori biologici. Ha dovuto aspettare quattro anni prima che la sua ricerca giungesse finalmente a buon fine. Ha trovato per prima cosa sua madre, residente a Zurigo. Un anno dopo, ha incontrato suo padre, residente nel Giura.
Ventisei anni dopo, all’età di 52 anni, nel 2022, l’australiano voleva diventare svizzero. Ha contattato le autorità di Zurigo, ma queste l’hanno informata che 30 anni fa aveva perso la possibilità di naturalizzarsi. Il “Tages Anzeiger” di oggi ce lo ricorda: ogni bambino nato all’estero da genitori svizzeri viene privato della cittadinanza se non si presenta a un’autorità svizzera prima dei 22 anni.
Questo primo rifiuto non la scoraggiò e si rivolse alla Direzione cantonale della Giustizia e dell’Interno. Ma ha subito l’ennesimo rifiuto. In un’ultima speranza, ha fatto ricorso al tribunale amministrativo, che ha finito per pronunciarsi a suo favore. L’autorità ha stabilito che il suo primo contatto nel 1991 con l’Ufficio nazionale svizzero del turismo a Sidney, quando aveva 21 anni, era sufficiente come “dichiarazione”. L’organismo federale precisa inoltre che, in caso di dubbio, “la decadenza dovrebbe essere ammessa solo in casi eccezionali”.
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