L’ospite –
Lo stupro dovrebbe significare prigione
Per Emmylou Ziehli la sospensione condizionale della pena non dovrebbe più essere applicata in caso di stupro. La giustizia deve colpire più duramente.
Emmylou Ziehli– Vicepresidente dell’UDC Vaud
Pubblicato oggi alle 6:34
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Recentemente abbiamo appreso che un ex giudice era stato condannato per aver violentato la sua stagista. Minacce e molestie sessuali completavano l’elenco delle rimostranze sostenute da un tribunale dei Grigioni in questa sordida vicenda. Ma più che la condanna è stata la sentenza a fare scalpore: 23 mesi di reclusione con sospensione della pena e una condanna pecuniaria, anch’essa condizionale. Capire: l’individuo è libero. Condannato, riconosciuto colpevole di uno dei reati più abietti del codice penale, ma libero.
Questa situazione ha giustamente scioccato la popolazione e i media. Ci sono state proteste spontanee e sono stati postati commenti indignati. Da parte mia, quello che mi sconvolge è che non si tratta di un caso isolato, di un errore. È proprio che una decisione del genere, in tali circostanze, è diventata un luogo comune. In Svizzera quasi un terzo degli stupratori condannati evita il carcere. E il Parlamento ha consapevolmente deciso di non cambiarlo.
È sconcertante che dopo mesi di dibattito sull’armonizzazione delle sentenze ci troviamo ancora in una situazione così insopportabile. Purtroppo, nel Parlamento federale, il pragmatismo e il buon senso hanno dovuto piegarsi all’ideologia. Mentre l’Udc, seguita da una minoranza del centrodestra, voleva che stupro aggravato fosse sinonimo di carcere, la maggioranza ha deciso diversamente. Con 99 voti contro 89 in Consiglio nazionale… e 20 voti contro 19 in Consiglio degli Stati. Ciò determinerà la libertà di centinaia di stupratori nei prossimi anni, che potranno continuare a vivere mentre le vittime, traumatizzate e stanche dalle infinite, pesanti, paralizzanti procedure, aggiungeranno al loro dolore il sentimento dell’ingiustizia causata da impunità.
Cambiare paradigma
È tempo di un cambio di paradigma. Non è sufficiente riconoscere che è avvenuto uno stupro. Non è sufficiente definire il consenso: sì è sì o no è no. Dobbiamo lottare affinché gli squilibrati criminali che, spinti da crasso egoismo, stravolgono in pochi minuti la vita degli altri, vengano non solo condannati, ma anche puniti. Dobbiamo abbattere le barriere ideologiche di una sinistra all’interno della quale il femminismo cede il passo all’angelismo. Dobbiamo rifiutare che un funzionario eletto parli di casi “lievi” di stupro dal podio. Dobbiamo ascoltare le vittime, stare al loro fianco e riconoscere che l’esercizio della giustizia è parte della loro ricostruzione e riparazione.
Il Parlamento avrà presto la possibilità di rimediare al suo errore di giudizio attraverso un’iniziativa parlamentare della consigliera nazionale Céline Amaudruz che chiede che la durata dello stupro non sia più un criterio per ridurre la sanzione penale e che il suo autore non possa più beneficiare di tale errore. la tregua. Insieme a tante donne, spero che il Parlamento abbia il coraggio di seguire la strada del buon senso.
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