Un anno dopo il 7 ottobre, le diplomazie occidentale e araba non riescono a porre fine alla guerra a Gaza

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Il segretario di Stato americano Antony Blinken durante un incontro sulla situazione umanitaria a Gaza presso il Consiglio di cooperazione del Golfo (GCC) a Riyadh il 29 aprile 2024. EVELYN HOCKSTEIN/AFP

Un anno di guerra e il terreno si sta sgretolando. Un anno di guerra a Gaza, di cui non solo non si vede la fine, ma si sono aperti nuovi fronti. Una conflagrazione regionale, la paura di Joe Biden dall’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, è possibile. Nella regione stanno emergendo tre guerre simultanee, guidate da Israele – a Gaza, in Libano e contro l’Iran – e nessuno sembra in grado di costringere Benjamin Netanyahu a frenarsi. Visita il 6 ottobre, su una base di 36e divisione dell’esercito, vicino al confine libanese, il primo ministro israeliano ha detto ai comandanti: “Voi siete la generazione della vittoria. » Una svolta straordinaria, a un anno dallo storico crollo dell’apparato di sicurezza israeliano, incapace di prevenire e poi rispondere a un grave attacco terroristico sul suo territorio.

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Mentre Israele valuta una risposta agli ultimi attacchi missilistici effettuati da Teheran, le capitali occidentali e arabe temono una nuova escalation. Costantemente, da un anno, Benjamin Netanyahu e il gabinetto di guerra hanno ignorato i consigli insistenti, perfino le linee rosse tracciate dal protettore americano, incessante fornitore di armi e munizioni, ombrello diplomatico presso le Nazioni Unite e prezioso contributore alla sua sicurezza grazie ad un massiccio dispiegamento dell’aviazione navale nel Mediterraneo orientale.

“Dal 7 ottobre, gli occidentali si sono trovati di fronte a quattro ingiunzioni apparentemente contraddittorie: sostenere il diritto di Israele ad esistere; il suo diritto di difendersi; chiedere il rispetto del diritto umanitario internazionale e garantire una soluzione politica per procedere verso uno Stato palestinese”spiega Nicole Gnesotto, esperta di geopolitica e vicepresidente dell’Istituto Jacques-Delors. “Dopo lo stupore e l’evidente condanna dei massacri commessi da Hamas, molti hanno compreso in modo un po’ ingenuo cosa significasse insistere sul diritto di Israele alla sua difesa, osserva un diplomatico residente nella regione. Era molto difficile far ragionare un Paese profondamente ferito e ansioso di vendicarsi dopo tanta umiliazione. »

Lascia che la rabbia non ti “consumi”

Fin dal primo giorno, l’amministrazione Biden si è schierata con Israele, militarmente, politicamente e moralmente. La visita del presidente americano in un Paese addolorato e disorientato, il 18 ottobre 2023, è stata piena di empatia. “Bisogna fare giustizia UN ha detto Joe Biden a Tel Aviv. Ma ti avverto: se provi rabbia, non lasciarti consumare. Dopo l’11 settembre [les attentats de 2001]eravamo infuriati negli Stati Uniti. Anche se abbiamo cercato giustizia e l’abbiamo ottenuta, abbiamo anche commesso degli errori. » Un avvertimento sussurrato e presto dimenticato.

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