Dalle stragi del 7 ottobre al cessate il fuoco, quindici mesi da incubo per Israele e Gaza
Sia per gli israeliani che per i palestinesi, il 7 ottobre è durato più di quindici mesi. Quindici mesi quanto quindici anni. La prospettiva di una tregua dà loro finalmente la speranza che uno dei capitoli più dolorosi della loro storia si stia chiudendo. Ma, dopo 468 giorni di guerra, rimasero sbalorditi. L’accumulo di sofferenze e paure, di rinunce, di preoccupazioni, di morte; sommato all’impressione di vivere un incubo senza fine, dà un sapore amaro alla fine dei combattimenti. Nessuno osa parlare di vittoria. In Israele nulla sarà concluso finché il centinaio di ostaggi ancora nelle mani di Hamas non saranno rilasciati, siano essi vivi o morti. Nella Striscia di Gaza, dopo la resilienza, arriverà il momento della ricostruzione. Si preannuncia lungo.
Nei Territori Palestinesi come in Israele, tutti ricordano proprio questo sabato, 7 ottobre 2023, alle 6:29, quando Hamas ha lanciato il suo attacco terroristico. In Israele ha colto tutti di sorpresa.
Quella mattina, gli ebrei israeliani si preparano a celebrare Simchat Torah, che conclude la festa di Sukkot. La gente riposa quando i commando di Hamas, della Jihad islamica palestinese e del Fronte popolare per la liberazione della Palestina fanno saltare la barriera che separa la Striscia di Gaza dal resto del mondo. Contemporaneamente vengono lanciati circa 5.000 razzi verso Israele. In ogni città del Paese, inclusa Gerusalemme, i residenti venivano svegliati dal sonno dal suono delle sirene: un suono che sarebbe diventato loro familiare nei mesi successivi.
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