L’evoluzione degli standard europei verso un’economia circolare sta ridefinendo le regole del gioco nel settore tessile. Partner chiave dell’UE, il Marocco è costretto a riadattare il proprio modello industriale.
Per produrre una maglietta è necessario mobilitare campi di cotone, consumare una notevole quantità di acqua ed energia… Tuttavia, questa stessa maglietta potrebbe finire nella spazzatura senza essere mai stata indossata. In Marocco, trasformare queste inefficienze in opportunità richiede una revisione completa dei modelli industriali. E per una buona ragione, l’impatto ambientale del settore è oggi innegabile.
Ogni anno in Europa vengono distrutte circa 6,95 milioni di tonnellate di prodotti tessili, l’80% dei quali viene incenerito o sepolto. L’industria tessile si colloca tra i primi tre settori responsabili della pressione sulle risorse idriche e terrestri, pur essendo il quarto maggior contributore al cambiamento climatico. Il Marocco, uno dei principali partner dell’Unione europea in questo settore, è direttamente interessato da questi problemi. Per rispondere a queste sfide, la strategia europea per un tessile sostenibile e circolare fissa obiettivi ambiziosi.
Entro il 2030, tutti i prodotti tessili immessi sul mercato dell’UE dovranno essere durevoli, riparabili e riciclabili, prodotti nel rispetto dei diritti sociali e dell’ambiente, pur essendo composti principalmente da fibre riciclate. Questa transizione si basa su normative come la progettazione ecocompatibile per prodotti sostenibili (ESPR) e le nuove normative sul trasferimento dei rifiuti (WSR).
È però fondamentale riportare l’attenzione sull’obiettivo principale del progetto TCE, che è innanzitutto quello di valorizzare gli scarti tessili generati in Marocco. In effetti, l’assenza di un ecosistema di riciclaggio “dal tessile al tessile per l’abbigliamento” in Marocco ci impone di considerare il recupero di questi scarti in Europa o in Turchia.
Nel corso dei dibattiti organizzati nell’ambito del workshop dal titolo “Circularità nel tessile: legislazione, norme e tassazione, questioni decisive”, tenutosi a Rabat dall’IFC, una filiale della Banca Mondiale, i relatori hanno insistito sull’importanza di una maggiore flessibilità nella regolamentazione testi, consentendo l’esportazione temporanea di questi materiali per l’elaborazione. Un’iniziativa che soddisfa anche le aspettative di Inditex, che vuole che gli scarti derivanti dai suoi input in regime ATPA siano valorizzati senza pagamento in Europa.
Essendo il nono importatore europeo di rifiuti tessili, con quasi 60.000 tonnellate all’anno, il Marocco deve allinearsi rapidamente a questi nuovi requisiti. Le normative europee, che entreranno in vigore a pieno titolo nel 2027, proibiranno in particolare l’esportazione di rifiuti verso paesi non OCSE, salvo eccezioni precedentemente convalidate.
Per il Marocco ciò significa dimostrare la propria capacità di gestire questi flussi in modo sostenibile e in conformità con gli standard internazionali. L’adozione di un’economia circolare nel settore tessile rappresenta una grande opportunità economica.
Secondo le stime europee, un sistema circolare potrebbe generare fino a 560 miliardi di dollari in opportunità economiche. Per il Marocco, ciò si traduce in un maggiore potenziale di investimenti e partnership strategiche con attori europei. Ad esempio, l’imminente divieto di distruggere i tessili invenduti e l’obbligo di raccolta differenziata dal 2025 aprono la strada a iniziative innovative. Lo sviluppo di infrastrutture locali per il riciclo e il recupero dei rifiuti tessili potrebbe posizionare il Marocco come hub regionale per l’economia circolare.
Inoltre, strumenti come il Passaporto digitale dei prodotti e l’Ecolabel europeo miglioreranno la tracciabilità e rafforzeranno la fiducia dei consumatori. Queste misure, combinate con programmi di formazione e sostegno finanziario come il Textile Skills Pact (TCLF Pact for Skills), offrono prospettive promettenti per i produttori marocchini. Il successo di questa transizione dipende da una maggiore cooperazione tra le autorità marocchine, l’Unione europea e gli attori privati. Iniziative come la Green Partnership mirano a sostenere questo cambiamento attraverso l’assistenza tecnica e un adeguato sostegno finanziario.
Il Regno, che ha già avviato un processo di consultazione con le federazioni settoriali, deve accelerare i suoi sforzi per partecipare pienamente a questa dinamica. Detto questo, strutturare catene del valore circolari in conformità con i nuovi requisiti europei va oltre la semplice volontà politica. Ciò richiede investimenti sostanziali, un aumento delle competenze degli stakeholder locali e una revisione dei quadri normativi e fiscali.
In questo contesto il settore tessile si trova ad un punto di svolta decisivo. Solo una mobilitazione concertata, supportata da riforme strutturali coraggiose, consentirà di gettare le basi di un modello sostenibile e competitivo pienamente ancorato ai principi dell’economia circolare.
Jean-François Moret
Responsabile del programma presso la delegazione dell’UE in Marocco
“Il partenariato verde, firmato nel 2022 tra l’Unione europea e il Marocco, il primo con un paese
terza parte –, appena tre anni dopo l’adozione del Green Deal europeo, costituisce un quadro unico per lo scambio
know-how, competenze e finanziamenti, con l’obiettivo di realizzare la transizione verso un’economia decarbonizzata e circolare.
Ayoub Ibnoulfassih / Ispirazioni ECO