Sono d’accordo che una persona che soffre di disforia di genere possa effettuare una transizione di genere e vivere pacificamente sotto la sua nuova identità. Tuttavia, quando una persona che ha commesso un crimine inizia improvvisamente a mettere in discussione il proprio orientamento, riprendo.
Potrebbe ritrovarsi nella società dei ragazzi intelligenti che, rendendosi conto che la lamiera sta diventando la loro inevitabile destinazione, dicono a se stessi che un carcere femminile sarebbe meno brutto? E quali sono i criteri per l’accesso ad un carcere femminile?
Nel caso di un uomo (o diciamo una persona con caratteristiche fisiche di un uomo) che chiede di scontare la pena in un carcere femminile, su quale base viene decisa l’accettazione o il rifiuto? È tutt’altro che chiaro…
Dal circo alla corte
Il caso di Mohamad Al Ballouz offre l’occasione per una seria riflessione. Una giuria lo ha condannato all’ergastolo prima delle vacanze per l’omicidio premeditato dei suoi due figli e della loro madre. Durante il processo, Al Ballouz si presentò come una donna (Levana Ballouz). Ha preteso e ottenuto che il giudice e gli avvocati si rivolgessero a lui al femminile.
Immagino che il giudice non abbia messo in dubbio questa richiesta per consolidare la conclusione del processo. Immaginiamo che gli fosse stato rifiutato, Ballouz si sarebbe affrettato a ricorrere in appello contro questa “discriminazione”. Secondo la nostra Carta dei diritti, come si potrebbe ritenere che una persona abbia avuto un processo equo se il tribunale non sapesse nemmeno come rispettare l’identità di genere da lei scelta?
Ascolta il giornalista investigativo
Mario Dumont,
Piattaforma QUB
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Durante il procedimento, Al Ballouz è stata incarcerata in un carcere femminile. Ovviamente ora vuole lo stesso trattamento per tutta la sua pena, cioè un minimo di 25 anni. Le autorità carcerarie confermano che attualmente si trova in un carcere maschile mentre il suo caso viene valutato.
So che la moda nel 2025 è dire che spetta a ciascun individuo decidere sulla propria identità di genere. Questo principio virtuoso porta purtroppo ad abusi e aberrazioni. Nel caso delle carceri, non siamo ingenui. Le carceri femminili non sono ambienti così difficili come i penitenziari maschili. Soprattutto se hai la forza fisica di un uomo, il rischio di subire intimidazioni, violenze fisiche o sessuali è minore.
Manipolatore
Finora Mohamad Al Ballouz ha mostrato un lato manipolatore e crudele nei confronti delle famiglie delle sue vittime. La sua difesa alla fine del processo, dove finì per presentarsi come una buona madre, gettò un indicibile discredito su ogni possibilità di approccio sano e sincero.
È chiaro ormai che presenterà una richiesta di trasferimento e utilizzerà tutti i rimedi disponibili per essere trasferito. Mi auguro che venga seguito un processo serio e con criteri rigorosi. C’è un limite nel lasciare che un assassino rida del sistema. Lui e altri.