Il 2024 se ne va portando con sé i ricordi di un periodo in cui il Marocco consolidava il suo posto ai vertici della diplomazia internazionale, mentre l’Algeria restava bloccata in un anno buio segnato da isolamento, disagio e liti interne. Tra i trionfi di Rabat e le debacle di Algeri, ecco la storia di un contrasto stridente, uno spettacolo in cui il Marocco è protagonista mentre il suo vicino dell’Est dell’Eden si esaurisce inseguendo i fantasmi.
Il Marocco, maestro della scena internazionale
Da gennaio, il Regno del Marocco si è affermato come attore chiave nella geopolitica globale. Le vittorie diplomatiche hanno segnato quest’anno, a cominciare dall’adozione da parte del Consiglio di Sicurezza della risoluzione 2756, che rafforza il piano di autonomia del Marocco come unica soluzione praticabile al conflitto artificiale nel Sahara.
In quell’occasione abbiamo visto anche qualche lacrima versata dal rappresentante della dittatura di Mouradia. Mentre altri esitano a prendere posizione, Rabat avanza con calma e sicurezza, convincendo passo dopo passo la comunità internazionale della giustezza della sua causa. Tutto questo sotto la guida del re Mohammed VI, la cui visione strategica è la serenità di un orafo.
Il vero momento clou di questo anno cruciale è arrivato dalla Francia. Sì, quella stessa Francia che alcuni avevano prematuramente accusato di debolezza ha finalmente riconosciuto, senza ambiguità, la sovranità marocchina sul Sahara. Emmanuel Macron, spesso criticato per la sua ambivalenza, ha cambiato registro per assumere una posizione ferma, facendo vacillare le certezze di chi contava su Parigi per rallentare Rabat.
Questo sostegno francese non è rimasto isolato. In America Latina, l’Ecuador e Panama hanno successivamente sospeso il riconoscimento della “SADR” fantoccio, un duro colpo per il regime dei capos di Algeri che cerca di finanziare questo miraggio diplomatico. Anche nei paesi nordici, tradizionalmente più favorevoli a posizioni “neutrali”, si sono registrati sviluppi notevoli. La Finlandia, ad esempio, ha affermato che il piano di autonomia del Marocco fornisce una “buona base per una soluzione”.
Le tesi algerine sembrano sciogliersi come neve al sole, mentre Rabat accumula scoperte. Sul piano economico, l’apertura di una sede dell’American Development Finance Corporation (DFC) a Rabat non è solo un simbolo: è un passo fondamentale nel consolidamento della partnership strategica tra il Marocco e gli Stati Uniti. Questa cooperazione estesa ad ambiti quali l’energia e la sicurezza pone Rabat al centro degli interessi globali.
E cosa possiamo dire del soft power marocchino, illustrato dalla co-organizzazione della Coppa del Mondo 2030 con Spagna e Portogallo? Trasformando un evento sportivo in una vera e propria vetrina diplomatica, il Regno riafferma che il suo posto sulla scena internazionale è tutt’altro che casuale.
Algeria: un anno nero sotto tutti i punti di vista
Mentre il Regno risplende, il regime dei due senili sul balcone dello spettacolo dei Muppets made in Algeria sembra bloccato nella pessima scrittura drammatica shakespeariana. Dopo la rielezione del presidente dal cattivo nome – o dovremmo dire la “riconferma” del burattino dell’ANP, poiché il punteggio del 94,65% sembra uno scherzo – il paese è sprofondato ancora di più in un isolamento diplomatico che rasenta il pathos. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, chiaramente stanco dei ritornelli di Algeri, ha ignorato i suoi gesti per concentrarsi sulle soluzioni concrete portate da Rabat.
Ma l’isolamento non finisce qui. La candidatura dell’Algeria ai BRICS è stata respinta come un fastidioso residente che cerca di ottenere l’accesso a un club privato senza invito. Mentre il Marocco era presente al Forum BRICS in Cina, l’Algeria ha cercato di giustificare la sua assenza con discorsi contorti su una cospirazione immaginaria. E cosa possiamo dire del clamoroso fallimento di Algeri nel mobilitare i suoi tradizionali alleati per contrastare il crescente riconoscimento della natura marocchina del Sahara? Non è più una strategia, è un disastro.
Sul piano militare, Algeri ha deciso di giocare la carta dello show-off. Con un budget astronomico di 25 miliardi di dollari per l’esercito nel 2025, Algeri spera di compensare in cifre la perdita di credibilità. Ma la storia dimostra che un arsenale non sostituisce una strategia, e ancor meno una visione. Nel frattempo, il Marocco sta investendo nella modernizzazione delle sue Forze Armate Reali (FAR) con efficacia discreta ma reale, rafforzando le sue capacità e costruendo forti partenariati con paesi come Israele e Stati Uniti.
Infine, la retorica algerina continua ad essere uno spettacolo in sé. Tra le accuse di cospirazione e i discorsi contorti su un possibile “accerchiamento”, Algeri sembra aver perso il filo. Intanto i suoi cittadini osservano sgomenti i miliardi sprecati in progetti senza futuro.
Due nazioni, due traiettorie
Mentre il 2024 volge al termine, il contrasto tra i due paesi è più netto che mai. Il Marocco, con la sua stabilità politica e il pragmatismo diplomatico, sta tracciando un percorso chiaro verso il futuro. Si è affermato come leader regionale, ma anche come modello di successo e visione strategica.
Il regime del capo, d’altro canto, rimane intrappolato in una retorica del passato vecchia di più di sessant’anni, incapace di reinventarsi o di cogliere le opportunità del presente. Il suo isolamento diplomatico e i suoi eccessi interni non sono solo fallimenti. Sono anche sintomi di un sistema rotto, incapace di distaccarsi dalle proprie contraddizioni.
L’anno 2024 sarà ricordato come l’anno in cui il Marocco consolidò il suo status di leader regionale e internazionale, mentre l’Algeria, congelata in una tragica immobilità, osservava impotente il progresso del mondo. All’alba del 2025, il Marocco può guardare al futuro con fiducia, con dinamiche positive e solide partnership.
Per quanto riguarda l’Algeria, la sfida sembra titanica: uscire dal suo isolamento, riconciliare un popolo con i suoi leader e, soprattutto, imparare che è meglio costruire la propria strada piuttosto che cercare di sabotare quella degli altri. Così finisce quest’anno, dove Rabat ha ballato al ritmo dei suoi successi mentre l’Algeri ha suonato stonato. Un anno di contrasti, ma soprattutto di lezione geopolitica: la grandezza non si proclama, si dimostra.