Con la mostra “Indigenous”, “una prospettiva di apertura” al museo di Millau

Con la mostra “Indigenous”, “una prospettiva di apertura” al museo di Millau
Con la mostra “Indigenous”, “una prospettiva di apertura” al museo di Millau
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Il museo Millau et Grands Causses ha messo in risalto i pezzi delle sue collezioni per la nuova mostra temporanea.

“Popoli indigeni: oggetti, pratiche e immaginari dei Grands Causses” è stato presentato giovedì 21 giugno al Museo di Millau e Grand Causses (Mumig). Come indica il titolo e come ricorda Nicolas Wohrël, vicedelegato agli affari culturali della città di Millau, “la scelta di una mostra temporanea è stata fatta in connessione con le collezioni del museo per mostrarle in un modo nuovo, per creare un collegamento tra queste collezioni per riflettere su questioni più profonde”.

Durante la visita, è stata Katia Fersing, direttrice di Mumig, a tracciare il filo tra queste collezioni per sollevare le diverse domande intorno alla morte, un tema comune a tutte le collezioni, l’estetica di ieri e di oggi, il posto dell’uomo e il suo rapporto con il territorio, gestione delle acque e agropastoralismo, già evidenziato durante l’ultima mostra temporanea.

Un territorio unico per universi variegati

In quest’anno, sinonimo del 120° anniversario del museo, la mostra conduce il visitatore nella prima sala, dove la paleontologia entra in dialogo con la fotografia di Michaël Avery e i dipinti di Antoine Dubruel, facendo eco alle ceramiche di Sophie Peynet-Chauveau e Allan Desquins. E tra Preistoria e Antichità, tra le domande attorno a un patrimonio comune e quelle sull’esposizione delle ossa umane come mobili, il costume di Emma Calvé interroga quello della diva contemporanea Beyoncé, disegnato da Maison On avrà visto tutto, con guanti realizzati da Maison Fabre.

Nell’ultima sala, un affresco di impensabili realizzato da Marion Delattre e Christian Meneses-Saez solleva il velo su periodi e domande invisibili e arriva a discutere con oggetti per interrogare l’immaginazione, molto presente nel territorio con le sue fadarelles o i suoi Petassou.

Domande da ieri a oggi

Davanti a questo affresco dai colori caldi, “un passo da parte” è offerto dalla mostra. O meglio una verticalità con una parete riservata agli sport all’aria aperta, legati soprattutto all’ipogeo, alla speleologia e all’arrampicata e ai suoi accessori per invitare il visitatore a riflettere sulle pratiche culturali che rivelano l’habitat di chi lo abita e il suo rapporto con il territorio.

Con le sue bottiglie d’acqua compressa, Rémi Uchéda solleva anche la questione del posto dell’acqua nella nostra società. “Questa mostra è un rapporto con il territorio in un’ottica di apertura, quindi “Indigena” perché esistono diversi modi di abitare il territorio”, ha spiegato Katia Fersing chiudendo la visita. Anche in quest’ultimo pezzo il pubblico è invitato a dare uno sguardo dietro il sipario dietro il quale si nasconde un altro capo indossato da Emma Calvé, come “un teaser” per la prossima mostra.

Un primo workshop in programma sabato 6 luglio

Tutto ciò sarà visibile fino al 4 gennaio e diverse attività alimenteranno questi percorsi di riflessione con visite guidate, laboratori creativi per grandi e piccini, performance artistiche, proiezioni, convegni e gite sul campo per “mettere in discussione insieme i popoli indigeni passati, presenti o futuri nel territorio dei Grands Causses”.

Il primo incontro è il 6 luglio con un laboratorio creativo riservato agli adulti al costo di 4,50 euro con un mediatore Mumig al termine della visita guidata. Lo stesso giorno, lo stesso concetto viene proposto ai più piccoli.

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