Al Museo Paul-Valéry di Sète, Jean Hugo alla ricerca dell’innocenza perduta

Al Museo Paul-Valéry di Sète, Jean Hugo alla ricerca dell’innocenza perduta
Al Museo Paul-Valéry di Sète, Jean Hugo alla ricerca dell’innocenza perduta
-

Con “Jean Hugo, entre ciel et terre”, il museo Paul-Valéry di Sète apre la terza parte di una grande retrospettiva regionale dedicata a questo artista di punta del XX secolo.

È relativamente raro che un artista sia oggetto di una retrospettiva così completa. Con l’apertura questo venerdì sera della sezione Sète della mostra dedicata a Jean Hugo, tre istituzioni, il museo Fabre di Montpellier, il museo Médard di Lunel e il museo Paul Valéry di Sète, rendono omaggio all’opera del pittore -nipote dell’illustre scrittore. “Jean Hugo, tra cielo e terra”come si intitola la proposta di Sète, si concentra sulla questione della natura e del paesaggio che animava l’artista nel dopoguerra.

La natura nel tempo

Si apre molto bene con una serie di dipinti intitolati I portatori di paesaggi. Quattro opere che rappresentano giovani contadine, ognuna portante sulla testa un panorama molto particolare e loro stesse ancorate in un ambiente raffinato dove il cielo a volte si confonde con i loro vestiti. Un fardello stilizzato o, al contrario, un’offerta allo spettatore, questo strano bagaglio può anche ricordare il ruolo dei contadini che modellano instancabilmente i paesaggi e li portano, in un certo modo, a debita distanza. Una mise en abyme che lascia intravedere il rapporto profondamente intimo che Jean Hugo aveva con la natura e le sue bellezze.

Esotismo

Con più di cento opere suddivise in sette sezioni, l’esposizione, seppure abbondante, resta comunque leggibile. Meno invasiva rispetto alla mostra di Montpellier, la scenografia di Maud Martinot è costituita da archi in stile neorinascimentale su cui sono apposte zone piatte di colore. Rimpiangeremo forse la parzialità di aver organizzato geograficamente i temi (sala Linguadoca, sala Spagna Costa Azzurra, sala Bretagna, sala Inghilterra, ecc.) che, se ha il pregio della chiarezza, soffre di un didattismo un po’ troppo elementare. Attraverso le sale si seguono le peregrinazioni dell’artista che lo portano a rappresentare paesaggi di paesi dove non ha mai messo piede.

Questo è ciò che scopriamo in questa sorprendente sala “Orizzonti lontani”, dove il pittore dà libero sfogo alla sua fantasia e crea, con tutto l’etnocentrismo dell’epoca, tele colorate che danno il posto d’onore a figure esotiche. Siamo però già nel 1966, quattro anni dopo l’indipendenza dell’Algeria, e queste rappresentazioni dicono molto sullo stato d’animo dell’epoca, dove il mito del paradiso perduto e quello del buon selvaggio, suo corollario, continuano ad attecchire. permeare l’immaginario degli artisti occidentali.

Disimparare

In Hugo, questo stato d’animo si unisce a un’ingenuità estetica direttamente ispirata al doganiere Rousseau, al quale l’artista si sentiva particolarmente vicino. Tocchiamo qui un concetto chiave per comprendere il percorso del pittore che, dopo aver vissuto nella società parigina accanto a Cocteau e Picasso, si stabilì a Mas de Fourques, a Lunel, dove avviò gradualmente un processo di “disimparare”.

Un termine che appare sorprendente applicato ad una persona che, ricordiamolo, non ha una formazione accademica, ma che ben illustra il percorso intrapreso dall’artista che tende ad avvicinarsi ad una forma “dell’innocenza originaria” nel lignaggio del romanticismo pittorico. Un’innocenza sapientemente costruita, come scrive Pierre Wat nella sua opera L’innocenza ritrovata – Il paesaggio secondo Jean Hugo, che permea tutte le opere esposte al museo Paul-Valéry.

Jean Hugo, tra cielo e terra, al museo Paul-Valéry di Sète, fino al 13 ottobre 2024.

-

NEXT Concerto dell’Orchestra Nazionale dell’Ile-de-France