A Vannes, lo zio incestuoso condannato trent’anni dopo i fatti

A Vannes, lo zio incestuoso condannato trent’anni dopo i fatti
A Vannes, lo zio incestuoso condannato trent’anni dopo i fatti
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Sono fatti antichissimi che il tribunale penale di Vannes (Morbihan) ha giudicato giovedì 27 giugno 2024. Ma “fatti gravissimi che il tempo non cancella”, ha sottolineato il pubblico ministero Sylvain Darchy. Perché se quest’uomo di 61 anni risultasse colpevole di diverse aggressioni sessuali ai danni dei suoi nipoti, “la qualificazione di tentato stupro avrebbe potuto essere mantenuta”.

Nel 1993, l’imputato, allora 31enne, entrò nella stanza di suo nipote, che allora aveva 8 anni. La raggiunse nel letto, le accarezzò le cosce, le tenne il pene e le appoggiò il suo sulle natiche. Cinque anni dopo, mentre era ancora compagno della zia materna dei bambini, aggredì la nipote, questa volta, baciandole i genitali. I fatti furono denunciati solo nel giugno 2021.

“Quello che ho fatto mi perseguita”

Sul banco dei testimoni lo zio si scusa, parla dei suoi “affetto per questo bambino”, riconosce tutti i fatti che gli vengono imputati ed esprime rammarico rivolgendosi alle parti civili: “Quello che ho fatto mi perseguita, mi perseguita da molto tempo. Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace. » Poi, al presidente, prova a dare una spiegazione: « Ero un bambino nella mia testa. »

A 33 anni, e alla vigilia di diventare mamma, la nipote è l’unica a parlare. Dice quanto sia importante per lei questo processo, per quale motivo “ci permette di ricostruirci come adulti e come ex bambini”. Ed evoca anche il “conseguenze irreversibili” di ciò che ha sofferto, “in un silenzio che è una piaga per la nostra società”, ses “anni trascorsi a diffidare degli adulti, a dubitare di te stesso, a provare vergogna, ad arrabbiarti.”

Sono necessari tre anni di carcere

Il pubblico ministero chiede tre anni di reclusione, con mandato di rinvio a giudizio. “Questo è ciò che merito” reagisce l’imputato che alla fine riceve tre anni di reclusione, di cui 18 mesi con sospensione probatoria per due anni, con obbligo di cure e divieto di entrare in contatto con le sue vittime. Dovrà risarcire 4.000 euro a persona.

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