Per Stéphane Sitbon-Gomez di Télévisions, “le emittenti pubbliche devono collaborare, per fare bene il nostro lavoro”

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Stéphane Sitbon-Gomez, direttore delle antenne e dei programmi di Télévisions, a Parigi, il 4 novembre 2024. GEOFFROY VAN DER HASSELT / AFP

Insieme a Delphine Ernotte, di cui è il primo fedele e di cui ha diretto il gabinetto, Stéphane Sitbon-Gomez supervisiona i programmi e le antenne di France Télévisions. Mentre il secondo mandato del suo capo scade nell’agosto 2025, e la campagna per la sua riconferma a presidente del gruppo audiovisivo pubblico – o anche della futura holding dell’audiovisivo pubblico (France Télévisions, Radio France, France Médias Monde e l’INA) – si preannuncia molto teso, il signor Sitbon-Gomez fa il punto sugli ultimi dieci anni e guarda ai prossimi.

Mercoledì 20 novembre il Parlamento ha adottato la legge che riforma il finanziamento della radiodiffusione pubblica. Sollevato ?

Il rischio di bilancio rappresentava una minaccia reale per la nostra indipendenza, ma anche per la nostra capacità di anticipare il futuro. Quindi sì, siamo sollevati. Ma per noi il punto essenziale è che il Parlamento nel suo insieme, il ministro, ma anche i parlamentari di tutti gli schieramenti, hanno confermato il loro attaccamento ad un settore audiovisivo pubblico forte. Questa legge non risolve tutto e non toglie nulla al difficile contesto economico, né alla questione delle riforme strutturali.

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La ministra della Cultura Rachida Dati intende infatti riportare nel più breve tempo possibile il suo progetto di partecipazione o addirittura di fusione delle emittenti pubbliche. È questa anche la tua battaglia?

Tra il 2018 e il 2022, su richiesta dello Stato, abbiamo risparmiato 400 milioni di euro. È colossale. Tanto più che, allo stesso tempo, ci viene chiesto di triplicare il posto di prossimità sulle nostre antenne, di aumentare la parte dedicata ai giovani, di amplificare i nostri sforzi sull’informazione, sull’informazione continua e sulla lotta alle fake news e, infine, di doppio investimento nel digitale. Aggiungo che allo stesso tempo abbiamo aumentato i nostri investimenti nella creazione da 390 milioni a 440 milioni di euro. I nostri obblighi nel cinema ammontavano a 55 milioni di euro, noi siamo saliti a 80 milioni. Le nostre missioni continuano a crescere, il che è molto positivo. Ma servono tempo e mezzi per realizzarli. È certo che una governance unica accelererà le trasformazioni.

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Commento?

Prendiamo l'esempio concreto della fusione di France 3 e France Bleu che rappresenta, per me, la più grande rivoluzione nel servizio pubblico degli ultimi cinquant'anni. Se aggiungiamo i punti di forza delle due antenne, saremo più potenti. Oggi France 3 non copre sufficientemente le aree periurbane, rurali e suburbane. Insieme avremo una copertura territoriale molto più stretta e una capacità di produzione di informazioni molto più forte. Mentre qualche anno fa ci interrogavamo ancora sulla sua identità, dal 2020 France 3 ha assunto pienamente la sua vocazione di canale regionale: abbiamo portato i programmi mattutini di France Bleu sulle antenne di France 3, per rafforzare l'iperprossimità. Prima ancora di trarre benefici in termini di audience, è un segnale al pubblico affinché sappia che il suo canale è radicato.

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