Come vivevano i nostri antenati 6000 anni fa?

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Come vivevano i nostri antenati 6000 anni fa?

Pubblicato: 15/06/2024, 20:59

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Come possiamo conoscere o acquisire familiarità con i costumi e la morale dei nostri antenati neolitici? Ad esempio applicando l’analisi isotopica a resti umani risalenti a circa 6000 anni fa. In ogni caso, questo è ciò che ha fatto Déborah Rosselet-Christ, dell’Università di Ginevra, nell’ambito del suo master universitario in archeologia preistorica.

Per questi tempi lontani, gli isotopi del carbonio, dell’azoto, dello zolfo e dello stronzio, in particolare, dipendono fortemente dall’ambiente e dall’ambiente di ciascun individuo. La tecnica è stata quindi applicata alle popolazioni agropastorali alpine del Neolitico medio nella Svizzera francese.

Il periodo neolitico è segnato dagli inizi dell’allevamento del bestiame e dell’agricoltura. In Svizzera viene generalmente collocato tra 5500 e 2200 anni prima della nostra era. La transizione da un’economia predatoria a un’economia produttiva colpisce gradualmente le comunità e le loro abitudini alimentari. A livello chimico ne troviamo tracce nei denti e nelle ossa. Il lavoro di cui stiamo discutendo si concentra sul sito di Barmaz, a Collombey-Muraz, nel Vallese, dove sono stati rinvenuti un gran numero di resti.

49 esemplari

L’opera di Déborah Rosselet-Christ comprende 49 esemplari, tanti uomini come donne, da cui sono stati prelevati vari campioni. Collagene su alcune ossa e frammenti di smalto del secondo molare. Perché proprio queste parti? “Il secondo molare è un dente la cui corona si forma tra i 3 e gli 8 anni”, spiega Déborah Rosselet-Christ. Una volta formato, lo smalto non si rinnova più durante il resto della vita.

La sua composizione chimica riflette quindi l’ambiente in cui ha vissuto il suo proprietario durante la sua infanzia. Lo stronzio, in particolare, è un buon indicatore di mobilità. Questi elementi chimici si trovano nello smalto attraverso la catena alimentare. Per questo elemento, l’analisi isotopica ha rivelato una forte omogeneità tra tutti gli individui. Il 14% di essi, tuttavia, rivela un’origine diversa.

Jocelyne Desideri, docente presso il Laboratorio di Archeologia e Antropologia Africana della Facoltà di Scienze, aggiunge alcune sfumature a questi risultati: “La tecnica permette di determinare che si tratta di individui che non hanno vissuto i primi anni della loro vita dove erano sepolti, ma è più difficile determinare da dove provenissero. I nostri risultati mostrano che le persone si muovevano. Questa non è una sorpresa, diversi studi evidenziano lo stesso fenomeno in altri luoghi del Neolitico”. Buone notizie, la ricerca sarà presto estesa ad altri siti.

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Pasquale Gavillet è giornalista nella sezione culturale dal 1992. Si occupa principalmente di cinema, ma scrive anche di altri settori. Soprattutto la scienza. In quanto tale, è anche un matematico.Più informazioni @PascalGavillet

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