IOdieci anni fa, Régis Debray pubblicava L'errore di calcolo. Una risposta all’allora Primo Ministro, Manuel Valls, che alle università estive del Medef dichiarò: “L’azienda mi piace. » Chi scrive si indigna più in generale per la sottomissione dello Stato alla politica dei personaggi in tutte le questioni, comprese quelle culturali e patrimoniali.
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Non aveva torto. In questa decadenza del potere pubblico si inserisce la polemica relativa alla rimozione dell'11 novembre dalla festività pubblica. E Michel Barnier ha già fatto la storia rifiutandosi di sottoscrivere queste buffonate.
Perché preoccuparsi delle bandiere?
Togli una vacanza di cui a nessuno importa per fare soldi. Ecco perché l'11 novembre dovrebbe essere, secondo alcuni, “lavorato”. Prendiamo sul serio questo argomento in tempo di un testo che ne riveli l'assurdità. Non è solo un attacco all'ordine simbolico della Repubblica, è un attacco all'ordine simbolico tout court. O, per meglio dire, contro l'utilità dei simboli.
Rinunciare a un giorno festivo perché porta soldi equivale ad affermare la superiorità di una tabella Excel rispetto all'universo figurato. Un ragionamento non privo di abbellimenti, ma, beh, ammettiamolo. Se la Repubblica ha bisogno solo di soldi, perché preoccuparsi delle bandiere, della guardia repubblicana, dei cortei, delle auto aziendali, dei tappeti rossi, del 14 luglio, insomma del pesante e per di più costoso protocollo dello Stato?
Se la lanugine del potere pubblico è inutile, tanto vale eliminarla subito. Saremmo il primo Paese al mondo a considerare autosufficiente continuare. Venendo dalla Francia, che non è mai stata sobria in materia, non mancherebbe di sapore. Se Luigi XIV lo sentisse…
“Almeno non farlo di nuovo.”
Ancora più grave, questa idea è l’ignoranza. Il potere economico e l’influenza della Francia non sono collegati. Questa è una lezione dalla storia: fama e tassi di crescita sono argomenti diversi.
Ad esempio, lo Stato non fu mai così riformato come sotto il consolato di Napoleone Bonaparte (1799-1804), in un’epoca in cui la Francia non era notoriamente prospera. È addirittura emerso dal suo ultimo mancato pagamento nel 1798. Supponendo che si tratti di un paese che vive di brillantezza, brio e reputazione, l’argomentazione economica non regge.
Che dire dello scopo di un giorno festivo e dell'aspetto morale ad esso collegato? Dovremmo, come suggerisce il Primo Ministro, rispettare la memoria dei combattenti morti per la Francia? Fare questa domanda è già insolenza.
Ma ammettiamo, ancora una volta, che ne facciamo a meno. La Repubblica sarebbe ingrata. Dopo aver mandato a uccidere milioni di francesi in suo nome, oggi toglierebbe loro l'unica cosa che hanno guadagnato lì, l'ultimo pagamento, non la gloria, ma la testimonianza di un massacro la cui unica utilità è quella di non riprodursi più. .
Se la Prima Guerra Mondiale venne soprannominata “Der des Der”, fu perché non aveva lasciato bei ricordi e il primo desiderio di un combattente, anche se morto, era quello di non vedere i suoi figli soffrire la stessa cosa. Morto, quindi, senza avere il diritto di dire: “Almeno non farlo più”. »
Per quanto riguarda il messaggio inviato alle generazioni più giovani, che, un giorno o l’altro, potrebbero dover lottare per questa cosa astratta chiamata Francia, è a dir poco deleterio. Sono garantiti in anticipo l'ingratitudine e l'oblio. Questo non ti fa venir voglia di essere patriottico.
La commemorazione soppianta il trauma
Infine, è cattiva educazione per le famiglie dei pelosi. Come hanno dimostrato Stéphane Audoin-Rouzeau e Annette Becker 14-18, riscoprire la guerralo Stato ha privato le famiglie del lutto dei loro defunti. Le commemorazioni dei defunti, le cerimonie pubbliche, i tributi nazionali erano utili alla patria, ma impedivano alle vedove, ai figli, ai genitori di farsi carico della morte dei cari che avevano perduto.
Dopo aver divorato i suoi figli, lo Stato ha preteso anche di digerirli. “In nome del “dovere di ricordare”” è sorto un “frequente oblio del “dovere della Storia””. La commemorazione soppianta il trauma. Alle tragedie individuali fu ordinato di scomparire dietro l’interesse nazionale.
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Risposta
Incapace di assumere le sue funzioni sovrane, anacronistico nei metodi e nel funzionamento, lo Stato è un handicap quotidiano, per non dire una piaga. La Francia è in fase di feudalizzazione e la frammentazione delle sue forze si aggrava ogni giorno.
Dopo decenni di amministrazione deleteria, la Repubblica non può distruggere l'ultimo dei suoi ridotti, della sua storia e della sua memoria. Senza di ciò non rimarrà nulla e i francesi se ne andranno, senza nemmeno voltarsi indietro, senza nemmeno ricordare che l’ombra fluttuante sotto la quale avevano vissuto un tempo era stata una nazione.