Quando la Svizzera diede la caccia agli “assassini” di Mussolini

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Gli anni fascisti

Quando la Svizzera diede la caccia agli “assassini” di Mussolini

Per anni la Procura federale e la polizia cantonale hanno indagato minuziosamente sugli oppositori denunciati dal regime fascista. La nostra indagine.

Pubblicato oggi alle 08:54

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In breve:
  • I servizi svizzeri indagarono sistematicamente sugli oppositori denunciati dal regime italiano.
  • L’opposizione dei lavoratori svizzeri è stata considerata dalle autorità svizzere eccessivamente minacciosa.

Nel corso della sua carriera, Benito Mussolini sopravvisse a sei tentativi di attentato conosciuti, il primo risalente al 1926 da parte di una sconvolta donna irlandese, al termine del quale il Duce tratterà le sue apparenze con un’enorme benda sul naso. Il più famoso resta quello di Bologna, lo stesso anno, quando un giovane anarchico di 15 anni mancò il suo bersaglio e fu massacrato dalla folla e dai fascisti.

Il Duce coglierà l’occasione per proclamare le “leggi fasciste”, i testi, già previsti, che regolano un regime ormai totalitario, poliziesco, con un tribunale speciale per la sicurezza dello Stato. E, soprattutto, provocando una vera e propria psicosi che trasformerà la più piccola voce in un complotto volto a rovesciare la nazione.

Denunce del regime

Ciò che è meno noto è che per quasi vent’anni la giustizia e la polizia svizzera saranno di volta in volta attaccate da qualche parte, rintracciando sistematicamente i potenziali oppositori denunciati dal regime fascista. È quanto racconta un dossier conservato presso l’Archivio federale, rinvenuto da «24 Heures».

In effetti, già da tempo la giustizia italiana aveva nel mirino gli attivisti svizzeri. Nel 1927 Emil Hofmaier di Basilea fu arrestato a Milano per “propaganda comunista” e condannato a 15 anni di prigione. La questione risale al Consiglio federale, che rifiuta di intervenire.

1937, al Consolato italiano una serie di anarchici e indagati. Sotto la copertura di minacce di attentati al Duce o alle sedi diplomatiche, le autorità del regime attireranno per anni l'attenzione della Procura federale o della polizia cantonale sugli oppositori.

Le cose serie iniziarono nel marzo del 1937 – anno XV dell’era fascista, anno dottorato onorario ricevuto dall’Università di Losannaanno durante il quale il Partito Comunista fu bandito in diversi cantoni svizzeri.

L’ambasciata italiana ha poi denunciato cinque individui, tra cui noti anarchici, che potrebbero attaccare i loro organi diplomatici. La Procura federale diffonde l’elenco e ne chiede l’arresto immediato qualora si presentino alla frontiera. Uno di loro, Camillo Sartoris, fu arrestato in Belgio nel 1938.

Sempre nel 1937, l’ambasciata italiana, informata senza dubbio dai suoi informatori locali, chiese di prendere tutte le misure possibili contro un certo L. Bezzola: egli avrebbe assicurato, al Café des Lauriers di Pontaise, che sarebbe stato un “grande colpo contro Mussolini”. si stava preparando tra gli anarchici spagnoli.

Sindacati e violenza

Ovviamente la Procura federale non ha molta fiducia nelle contro-rapporti, ma coglie l’occasione per interrogare il sospettato. E non a caso Bezzola, comunista e operaio ticinese, era già nel mirino dieci anni prima. Non solo non ha pagato la pensione a una giovane di Bienne, ma “è un estremista, membro del sindacato stuccatori-pittori” attivo a Losanna.

Una sfiducia giustificata? Da vedere, secondo Colin Rutschmann, storico che ha dedicato la sua tesi all’antifascismo a Losanna nel periodo tra le due guerre. “All’epoca Losanna era un centro della propaganda fascista nella Svizzera romanda, i suoi sostenitori erano molto visibili ma le loro azioni erano spesso contrastate dagli oppositori, in particolare dall’Alleanza Antifascista, dalla sottosezione losannese del Partito Comunista, dai Socialisti Operai ‘ Festa Losanna e la FOBB: la Federazione dei lavoratori del legno e dell’edilizia. È un sindacato molto importante, in un momento in cui l’ambiente lavorativo è permeato da espatriati e rifugiati italiani. In reazione alle manifestazioni fasciste ci sono risse, risse, abbiamo denunce di sparatorie… È un fenomeno che non è aneddotico.

Luglio, nuove allerte dalla legazione italiana, che denuncia due anarchici, in Ticino e Ginevra, mentre Hitler e Mussolini si incontreranno di persona nel settembre successivo. Questa volta la Procura è più preoccupata: una lettera anonima al Corriere della Sera» Annunciò anche un imminente attacco a Mussolini, da parte di un ticinese.

Lettera anonima minacciosa indirizzata a Mussolini da Ginevra. Gli autori non verranno trovati.

La polizia di Zurigo è intervenuta sul posto, ha analizzato la lettera e ha seguito tutte le piste. Falso allarme, la polizia ticinese reagirà nella sostanza. Uno degli altri indagati segnalati dall’Italia è nientemeno che Rusconi, il vicesindaco di Bellinzona, al di là di ogni sospetto… C’è ovviamente confusione con un altro Rusconi, un vero attivista, con sede a Losanna.

La caccia a un futuro eroe di guerra

L’allerta è stata però inviata a tutta la polizia cantonale, con l’ordine di monitorare i “sospetti antifascisti” e di arrestarli, se necessario. Segue un elenco di stranieri, anarchici, magari muniti di bombe, da arrestare alla frontiera. L’elenco era stato inviato il giorno prima dall’ambasciata italiana, che fornirà regolarmente ulteriori resoconti.

La polizia di Ginevra seguirà attentamente uno di loro, effettuando viaggi e incontri tra Annemasse e Ginevra. Poiché sicuramente svolge “attività segrete e illegali”, il procuratore generale della Confederazione chiede perquisizioni e, se necessario, l’arresto dell’individuo. Il suo nome? Massimo Salvadori. Storico, futuro agente dello “Special Operations Executive”, anello chiave della Resistenza italiana, fu decorato dall’Inghilterra nel dopoguerra.

Benito Mussolin durante la Conferenza di Losanna del 1922.

I file si susseguono velocemente. Nel dicembre 1937 il consolato italiano chiese indizi su due comunisti svizzeri, Ludwig Borer e Hellmuth Schrittmacher. Pochi giorni dopo, allarme su una certa Angela Coldart di La Chaux-de-Fonds, che sta preparando una missione per il Partito Comunista. Problema: nessuno di questi individui esiste o è conosciuto dai servizi. O le tubature fasciste sono state violate, oppure i sospettati sono reali, ma sotto il radar.

Talpe tra gli anarchici

Nuovo caso di lettera anonima all’inizio del 1938. La polizia di Ginevra paragonò la redazione della lettera allo schedario di noti anarchici e chiese consiglio ai fascisti italiani stabiliti in città. Maggio 1938, nuove allerte “estremamente urgenti” dalla legazione. Quattro antifascisti sospettati di aver preso di mira il Duce durante il suo viaggio a Genova vengono posti sotto sorveglianza. Ma se la polizia fa i consueti controlli, c’è da chiedersi se la Procura federale non finisca per stancarsi della sempre più eccentrica informazione italiana.

Le reti anarchiche restano comunque attentamente monitorate, al punto da infiltrarsi al loro interno. Nell’ottobre 1938, il gruppo “Le Réveil” fu oggetto di un rapporto serrato di avvertimento di un progetto di attentato di cui discussero Luigi Bertoni e Lucien Tronchet. Nientemeno che figure del sindacalismo rivoluzionario svizzero.

Luigi Bertoni (1872-1947) fu redattore di diversi giornali di emigrati pubblicati in Svizzera, poi con testate anarchiche. Figura del sindacalismo, condannata più volte, in particolare per aver accolto con favore la morte di Umberto I, in un articolo che portò ad una crisi diplomatica tra Svizzera e Italia.

Si intensificano le denunce italiane di potenziali mandanti di attentati. Ben cinque in poche settimane, per lo più ticinesi o italiani in esilio.

Protetto di Albert Londres

Nel 1938 e nel 1939 scoppiò una nuova vicenda. A Ginevra, una povera quarantenne, rimasta orfana e salvata da tristi signori, tenta di porre fine alla propria vita. Denuncia agli ispettori il suo amante, Robert Meylan, un anarchico che andava d’accordo né più né meno con Eugène Dieudonné. Alla donna disperata avrebbero donato un’arma e designato il Duce, chiedendogli di fare qualcosa di utile. Qual è la realtà dietro il dramma? Mistero. Quel che è certo è che Dieudonné all’epoca era una celebrità. Sopravvissuto della banda di Bonnot, si fece un nome fuggendo da Caienna e denunciando al pubblico l’orrore delle prigioni.

Le minacce di attentati contro Mussolini continuano però a preoccupare la legazione italiana e la procura. Nel marzo del 1939 la polizia di Zurigo sorvegliò senza troppa fiducia un certo Korrodi, uno scavatore, comunista e noto spaccone.

Un arsenale repressivo sproporzionato

Alla fine, queste minacce di attacchi erano reali? Probabilmente no. Ciò che effettivamente c’è stata è stata una reazione sproporzionata da parte della polizia svizzera. «A Losanna si vede chiaramente che ogni schieramento di opposizione ai fascisti porta con sé un intero arsenale repressivo», reagisce Colin Rutschmann. Nel 1932, ad esempio, una bomba esplose davanti al municipio di Palud. La polizia riterrà che si tratti di una reazione alla sparatoria di Ginevra e coglierà l’occasione per effettuare una serie di arresti e perquisizioni, chiedendo in particolare a quale partito fossero affiliati”.

Nel settembre 1940, lo scoppio delle ostilità non impedì al consolato italiano di lanciare una denuncia. Sarà uno degli ultimi a comparire negli archivi, e non ultimo: un complotto contro il Duce si svolge a Zurigo, il capo della rete è un certo Smith, semplicemente il viceconsole inglese. La polizia cantonale inizierà quindi una dettagliata decriptazione dei movimenti negli edifici e negli alloggi consolari, cercando di incrociare le identità con spie accertate o conosciute. Senza molto successo.

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Erwan Le Bec dal 2010 scrive per il quotidiano 24heure. Si occupa tra l’altro dell’attualità vodese.Maggiori informazioni @ErwanLeBec

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