Romain V. ha consegnato mercoledì al tribunale penale di Vaucluse (sud della Francia) un resoconto confuso e spesso contraddittorio nel tentativo di spiegare perché si era recato sei volte a Mazan per aggredire sessualmente Gisèle Pelicot, confutando qualsiasi “stupro” contro di lei lui nonostante i video schiaccianti.
Quest’uomo di 63 anni, attualmente detenuto, ha alternativamente giustificato la sua presenza lì tra dicembre 2019 e 2020 con “Paura» di Dominique Pelicot, attraverso il suo desiderio di ricerca “ti senti sociale” o affermare di aver agito come “uno zombie autoguidato».
La sua difesa provoca lo stupore della corte
«Non mi faccio domande, come uno zombie autoguidato. Non capisco nemmeno come lui (Dominique Pelicot, NLDR) sia riuscito a farmi venire sei volte“, ha spiegato suscitando lo stupore della corte e in particolare del suo presidente, Roger Arata.
Quest'ultimo gli ha chiesto se in qualche momento si fosse preso la briga di richiedere il consenso della vittima, al che l'imputato ha risposto “avendo avuto l'autorizzazione del marito”, argomento già avanzato da diversi dei 51 uomini processati in questa vicenda straordinaria.
Per contraddire le sue aleatorie giustificazioni, la parte civile ha chiesto la diffusione davanti al tribunale di quattro video tra le decine rinvenuti sul disco rigido di Dominique Pelicot in cui venivano meticolosamente citati gli atti commessi. In queste lo vediamo compiere numerosi atti sessuali su Gisèle Pelicot che, in nessun momento, reagisce.
“Non avevo intenzione di violentare la signora”
«Mi scuso per gli atti accusati contro di me. Mi pento di tutto quello che è successo. Non avevo intenzione di violentare la signora. Ho rimpianti, moltissimi“, ha detto. Gisèle Pelicot non ascolta nemmeno le sue parole, preferendo parlare con il suo psicologo seduto accanto a lei.
Perseguito per stupro aggravato, rischia, come la maggior parte dei 51 imputati in questo processo, 20 anni di reclusione penale.