Come riscrivere storie imprenditoriali per trasformare il Belgio

Come riscrivere storie imprenditoriali per trasformare il Belgio
Come riscrivere storie imprenditoriali per trasformare il Belgio
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Nonostante le iniziative governative adottate per sostenere l’imprenditorialità e le PMI in Belgio, l’OCSE sottolinea che il nostro tasso di autocreazione di posti di lavoro è rimasto fermo intorno al 13% per quasi dieci anni.

Ma perché le linee non si muovono di più? Se si citano (giustamente) tante ragioni economiche, fiscali o anche culturali, mi sembra che sottovalutiamo il peso delle parole. Il linguaggio e, più specificamente, il discorso, sia mediatico che politico, giocano certamente un ruolo in questo contesto.

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È così che, con un collega ingegnere e un altro linguista, ho cominciato a studiare tutti gli articoli pubblicati sul sito della RTBF tra gennaio 2014 e dicembre 2023 comprendenti il ​​termine “imprenditore”. Il postulato iniziale è semplice: i media, attraverso il loro discorso, contribuiscono a plasmare l’identità della figura imprenditoriale in Belgio e, quindi, influiscono indirettamente sul fenomeno imprenditoriale. Questo studio non è terminato ma rivela già alcuni primi elementi interessanti.

I discorsi contribuiscono alla costruzione di un’immaginazione imprenditoriale che può attrarre e sedurre così come opprimere ed estromettere tutti gli individui che non credono di possedere tali qualità.

Una figura imprenditoriale eroica

Una cosiddetta analisi di collocazione mostra che la parola più spesso collegata direttamente al termine imprenditore è la parola “giovane”. Ciò non sorprende, dato che i giovani costituiscono un target prioritario nei programmi di sostegno all’imprenditorialità messi in campo dalle autorità pubbliche delle tre regioni del Paese.

Sono stati quindi analizzati anche i discorsi apparsi sui siti web di queste autorità. Osserviamo il posto importante occupato durante tutto il decennio dalla narrazione che raffigura una figura imprenditoriale eroica, potente e di successo. Ci vengono presentati giovani dinamici, “pepite”, capaci di avere idee, che hanno energia, ambizione, tanto talento, voglia di produrre un impatto, di ispirare e di riuscire a creare valore.

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Questo discorso sublimato, quasi magico, ci porta a focalizzare lo sguardo sull’interno dell’imprenditore (i suoi tratti, la sua personalità, la sua resilienza, le sue presunte competenze e capacità) e a non prestare quasi più attenzione alla realtà quotidiana vissuta (il lavoro dell’imprenditore ordinario lì “in divenire”). I discorsi che dipingono un argomento scomposto in parti (tutti questi attributi che bisogna possedere) contribuiscono alla costruzione di un immaginario imprenditoriale che può, mi sembra, essere tanto attraente e seducente quanto opprimente e estromettere tutti gli individui che non credono di possedere tali qualità.

Discorsi politici

I media ripropongono il discorso politico elogiando le “generazioni intraprendenti”. L’uso della parola “generazioni” unisce i giovani, cosa di cui già il filosofo Michel Serres si rammaricava nei suoi La piccola Pollicina nel 2012. L’aggettivo “intraprendente” mi sembra riecheggiare implicitamente l’ingiunzione imprenditoriale denunciata negli anni ’90 dal sociologo Alain Ehrenberg. I nostri giovani dovrebbero agire o addirittura”iniziare la loro vita.“Ehrenberg menzionato”la mutazione della società che ha spinto l’individuo a intraprendere un percorso volto alla conquista della propria identità personale e del proprio successo sociale, chiamato a superare se stesso in un’avventura imprenditoriale.

L’ingiunzione di “diventa te stesso“attraverso l’azione dell’imprenditorialità può contribuire tanto a creare valore quanto può contribuire a distruggerlo. Infatti, questo aumento di responsabilità affidato all’individuo può farlo crescere e realizzare se stesso, così come accentuare la sua vulnerabilità e creare sofferenza. La gioventù è plurale Se vogliamo che contribuiscano in modo più significativo alla trasformazione del Belgio in una terra imprenditoriale, non sarebbe opportuno immaginare nuove narrazioni che mettano in risalto un’imprenditorialità più ordinaria che si svolge in tutte le sue forme più diverse, anche non eroiche e atipiche o marginale?

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