Processo d’appello sulla tragedia di Millas: la difesa dell’autista dell’autobus minata da due testimoni

Processo d’appello sulla tragedia di Millas: la difesa dell’autista dell’autobus minata da due testimoni
Processo d’appello sulla tragedia di Millas: la difesa dell’autista dell’autobus minata da due testimoni
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“L’autobus ha spinto la barriera (del passaggio a livello) molto lentamente»: due testimoni dell’incidente mortale dello scuolabus a Millas (Pirenei orientali) hanno indebolito martedì la difesa dell’autista, durante il suo processo d’appello.

Nadine Oliveira, l’autista dell’autobus 55enne, non ha mai cambiato versione dal suo primo fermo: secondo lei, nessun segnale, né suono, né luce, né alcuna barriera l’avrebbero dissuasa dal prendere il passaggio a livello di Millas. Il 14 dicembre 2017, l’autobus che riportava a casa 23 studenti universitari dopo le lezioni era in mezzo ai binari quando un TER lo colpì a 75 km/h, una collisione che provocò sei morti e diciassette feriti, alcuni in modo grave. Nadine Oliveira, che ha dovuto essere ricoverata in ospedale dopo 4 giorni di udienza nel primo processo, è stata condannata in contumacia a 5 anni di carcere, di cui un anno chiuso.

Martedì mattina ha potuto ripercorrere, minuto per minuto, il corso della giornata della tragedia, scoppiando solo in lacrime al solo accenno al suo esito, quando si è svegliata in mezzo a “urla e lacrime di bambini”. La giornata del 14 dicembre 2017 è iniziata “come al solito”, con l’inventario del suo autobus. Nadine Oliveira era in condizioni “normali” secondo le sue dichiarazioni. Per l’ultimo viaggio della giornata “non aveva fretta” e conosceva a memoria questo percorso che percorreva quattro volte al giorno.

“Cosa sta facendo?” »

Ma la sua versione dei fatti è stata ampiamente smentita dalle indagini, e dalle diverse testimonianze delle persone presenti sulla scena. Innanzitutto quella di un dipendente della Saur, un’azienda di servizi igienico-sanitari, che, vedendo le sbarre del passaggio a livello chiudersi, stava aspettando con il suo collega dall’altra parte della strada quando ha visto che “l’autobus spingeva silenziosamente la sbarra, come se se si apre una porta.”

“Io e il mio collega siamo rimasti sbalorditi, ci siamo chiesti Cosa sta facendo, ma cosa sta facendo? “. Interrogato più volte sulla certezza dei suoi ricordi, il testimone ha assicurato che quella giornata è rimasta “scolpita per sempre” nella sua memoria: “eravamo sotto shock, è stato a causa delle grida dei bambini che abbiamo reagito”. “Forse non l’ha visto, l’autobus è così alto”, ha considerato questo testimone. Un altro automobilista, anch’egli giunto sul posto mentre il passaggio a livello era chiuso, ha confermato questa versione: “l’autobus ha spinto la barriera molto lentamente, non c’è stato alcun impatto”.

Il direttore delle indagini, intervistato martedì mattina, ha confermato che dopo l’incidente la barriera è stata ritrovata “contorta, in posizione chiusa” e che non era stato riscontrato alcun cedimento del passaggio a livello. Per spiegare il gesto di Nadine Oliveira ha citato “la forza dell’abitudine”: l’autista aveva utilizzato questo passaggio a livello 400 volte e non l’aveva mai trovato chiuso. Ma anche «l’iperconcentrazione da lei dimostrata durante la manovra», manovra definita da tutti «complicata» per avvicinarsi alla svolta davanti al passaggio a livello, e che l’automobilista ha dettagliato minuziosamente agli inquirenti.

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