Lucas Dumelie, giovane chef dello Charentais, apre il suo primo ristorante in Alta Savoia dopo una carriera di alto livello

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Volevo viaggiare, conoscere qualcosa di diverso dalla Charente, altri prodotti, altre regioni.

Vola con le proprie ali

Da tutte le sue esperienze con “persone appassionate, che vogliono trasmettere il loro sapere, il loro gusto per la terra”, esce armato di un rigore indispensabile per avere successo in questo ambiente. Idealmente formato, pronto a gettarsi nel profondo, ha deciso di non… tornare a stabilirsi in Charente: “Volevo viaggiare, conoscere qualcosa di diverso dalla Charente, altri prodotti, altri terroir”, spiega Lucas. Si è poi diretto verso l’Alta Savoia, che oggi considera “il posto più bello della Francia”, lasciando i suoi genitori nella Charente: “Potrei essere sciovinista”, sorride, “ma la riva del Lago di Ginevra, oggettivamente, è magnifico.” Questo è infatti il ​​luogo in cui si trova il suo ultimo punto di raccolta. Lo chef Charentais ha aperto lì il 1ehm lo scorso dicembre, una prima tavola gourmet a suo nome con la compagna Manon Moleins-Plassat: “Abbiamo fatto tutto questo insieme, è una forza. Senza di lei, non avrei fatto nulla”, afferma Lucas.

Passione per il pesce

Chiamato Séchex-Nous, il loro locale, che può accogliere una trentina di ospiti, è ancorato a Margencel, e la vicinanza del lago ha logicamente orientato la sua carta verso il pesce (fera, salmerino, luccio, persico, ecc.), proveniente da direttamente dai pescatori della famiglia Manon. “In questo momento sto lavorando con il pesce gatto, è bello perché nessuno lo vuole”, sorride, “è un pesce di carne, non facile da lavorare, ma lo uso principalmente per gli aperitivi”.

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Per attrarre clienti nel loro locale appena aperto, Lucas e Manon contano ora sul passaparola: “Finché c’è la soddisfazione del cliente, quella è la cosa più importante e il nostro regalo più bello, e se un giorno arrivasse una stella Michelin, allora quella sarà l’apoteosi”. Lucas sa che per realizzare questo Graal non dovrà risparmiare le sue forze, lui che già non conta le sue ore: “Arriviamo in cucina alle 8, vediamo il pescato del giorno e in base a quello mettiamo insieme le nostre ricette, già provate e testate con tutti i miei collaboratori. Alle 15 andiamo in pausa e torniamo alle 17. E resteremo lì finché i nostri ultimi clienti non se ne saranno andati, il che potrebbe avvenire verso mezzanotte. Certo, ci vuole molta disciplina e resistenza, ma soprattutto passione”, spiega lo chef.

Quest’ultimo confessa oggi di avere molte difficoltà a tornare in Charente quanto vorrebbe: “Bisogna attraversare la Francia per quello”, sorride. “Fin dall’apertura è stato un po’ difficile, ma cerco comunque di tornare almeno due volte l’anno. Ma so che i miei genitori sono orgogliosi di ciò che sto costruendo”. Della Charente, però, confida di aver conservato delle belle e deliziose madeleines Proust: “Burro AOP della Charente-Poitou, buona anatra della casa della Charente a Jean Poux, Le Manslois e buona trota di Bellet”.


“Abbiamo fatto tutto questo insieme, è una forza. Senza di lei non avrei fatto nulla.”

Cecile Bouchayer

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