Benoît Antille parla di artisti indeboliti dal “projectariat”

Benoît Antille parla di artisti indeboliti dal “projectariat”
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Opinione

Libro

Benoît Antille parla di artisti indeboliti dal “projectariat”

Bisogna avere un progetto per entrare nel mondo contemporaneo, che passi attraverso gli enti statali e non più il commercio.

Inserito oggi alle 9:11

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Con un bastone

Tutti ovviamente fanno progetti, anche solo per l’estate, ma gli artisti contemporanei ne usano e abusano. Il sistema lo ha progressivamente voluto per mezzo secolo. L’universo “culturale” deve oggi “affrontare la logica del progetto”, come ricorda un piccolo libro di Benoît Antille recentemente pubblicato da Éditions Art & Fiction (senza maiuscola). Questo signore sa di cosa sta parlando. Insegna “pratiche curatoriali” e “-sito-sito” all’Edhea, o Scuola di Design e alla Haute École d’Art de Sierre. La piccola sorella Valaisanne dell’Ecal Lausannoise e la testata di Ginevra. Cosa vuoi? Noi “padroneggiamo” il braccio a turno nella Svizzera romanda. Lo troviamo notevole anche nei centri, nei luoghi espositivi o nelle giurie dove devi essere per avere il tuo posto nel mondo dell’arte locale oggi. Un “colpo” d’arte verso borse di studio, residenze, committenze pubbliche e acquisti istituzionali. Sembra lontano il tempo in cui un pittore viveva di ciò che vendeva a semplici amatori in una galleria che funziona un po’ come una drogheria! Molti per trasformazione sociale. Un po’ per via della testa grande. “Non ho mai provato a vendere o ad avere una galleria perché siamo spinti a produrre in momenti che non sono necessariamente buoni”, ha detto Donna, intervistata da Benoît Antille.

Rispondere a una richiesta

Dal 2013 quest’ultimo studia infatti l’economia e il tessuto sociale di un’arte contemporanea sganciata dal circuito commerciale per guardare al lato dei sussidi. La sua ricerca si basa logicamente sui due cantoni che conosce meglio: Vaud e Vallese. Ci sono istanze di ogni tipo che invitano a presentare domanda, prima di decidere. “Qualsiasi progetto deve passare attraverso la convalida.” Da qui ovviamente il rischio assunto di doversi spostare più sulle forche caudine che sul mercato dell’arte. Non solo bisogna rispondere ad una richiesta specifica, ma fare appello ai decisori. Ci sarà un solo vincitore per il “Sito specifico”, ovvero l’opera o l’intervento destinato ad un luogo specifico. Al candidato devono piacere anche le pratiche burocratiche. Molti artisti visivi dedicano un tempo infinito (fino al 50 per cento!) Alla preparazione dei file. «È un lavoro che richiede tempo, suonare alle porte», spiega in una delle interviste Filippo. La creazione finisce per venire in aggiunta. E ancora, una creazione rimodellata secondo il desiderio dei decisori… Il risultato è più spesso effimero. “Che posto possono avere le pratiche del “Sito specifico” nei musei?” Chiede Benoît Antille. Che posto per gli artisti, aggiunge Filippo più schietto. Difficilmente possono sperare di avere successo. “Le scuole producono così tanto”.

“Le scuole producono tanti artisti…”

Filippo citato dall’autore

È volontario, per essere lucidi? È la mia lettura, necessariamente parziale? Questo libro gergale in cui citiamo molti autori, filosofi e ricercatori che non ho voglia di conoscere (che enfatizza l’inter-scopo) sembrava illustrare un sistema che va dritto contro il muro. Uno pseudo-portatore assomiglia sempre più ad un artista con la rotazione del criceto nella sua ruota, l’animale può almeno andare in entrambe le direzioni. Sappiamo quanto spesso le istanze statali finiscono per provocare la produzione solo per “renderla carina” intellettualmente. Ma in realtà ignoriamo il perché e soprattutto per chi. Non se ne parla nel libro, che si accontenta di parlare talvolta di “approcci politici”. Normale. Il pubblico è stato eliminato dai sussidi e dai “cento culturali”. Non conta. Alla fine non esiste più. Tutta colpa di questa dittatura che il curatore di Kuba Szreder (così, avrò almeno citato uno dei nomi chiave!) chiama “il progettuariato”? La parola fa rima con proletariato.

Pratico

“Il mondo dell’arte di fronte alla logica del progetto. Indagine su una rivoluzione silenziosa “di Benoît Antille per Editions Art & Fiction, 163 pagine.

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Nato nel 1948, Etienne Dumont A Ginevra studi che non sono serviti a molto. Latino, greco, diritto. Avvocato fallito, si è orientato verso il giornalismo. Molto spesso nelle sezioni culturali, ha lavorato dal marzo 1974 al maggio 2013 alla “Tribune de Genève”, iniziando parlando di cinema. Poi vennero le belle arti e i libri. Per il resto, come potete vedere, nulla da segnalare.Maggiori informazioni

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