l’essenziale
Nel suo libro “Tutto è passato senza paura”, pubblicato il 2 gennaio dalle edizioni POL, lo scrittore Jean Rolin va alla ricerca degli “fuga dalla Francia”, che affrontarono gli ardui passi dei Pirenei per sfuggire alla persecuzione nazista. L’avventuroso scrittore si fermò così nell’Ariège, a Saint-Girons o anche a Foix, seguendo i fantasmi dell’aviatore Bud Owens o dei fratelli Jacques e Jean-Pierre Grumbach, quest’ultimo conosciuto più tardi con il nome di Jean-Pierre Melville, sulla strada per libertà. Tra il racconto della sua ascesa di questi passi sulle tracce dei fuggitivi e la ricerca storiografica compiuta tra gli scaffali silenziosi degli archivi, si snoda un bellissimo omaggio a questi “dimenticati dalla Storia”.
Perché questo libro sulle persone che attraversarono i passi dei Pirenei per sfuggire ai nazisti, che lei definisce “dimenticate dalla Storia”?
“Sono nato nel 1949, ho 75 anni, quasi 76. La Seconda Guerra Mondiale, ci sono nato dentro. Faccio parte di una generazione molto impregnata di questo, siamo cresciuti in città stigmatizzate dai bombardamenti. Ho trascorso gran parte della mia infanzia a Dinard, vicino a Saint-Malo, che aveva subito allora, e ho visto tutto questo, le rovine , i fortini: questo fa meravigliare un bambino. Rimane nella tua mente.
C’è stato un fattore scatenante particolare che ti ha fatto intraprendere questa scalata dei Pirenei a quell’età?
“Credo di avere questo desiderio di scrivere su questo argomento da molto tempo. Da un po’ mi interessa Jean-Pierre Melville, che è un regista che conosco bene. Ho visto un documentario su di lui negli archivi dell’Istituto Nazionale dell’Audiovisivo, dove descrive la preparazione dell’artiglieria prima della traversata del Garigliano (Italia), prima dell’assalto alla linea Gustave (linea fortificata costruita dai nazisti in Italia, ndr) , e lì, ascoltando Melville, mi è venuta in mente una discussione con mio padre. Anche se non mi parlava assolutamente mai della guerra, una sera avevamo bevuto insieme e me ne parlò, in modo molto visivo. , cinematografico, come lo descrisse lo stesso Melville.
Conoscevo anche la storia di Walter Benjamin (filosofo e critico tedesco che attraversò i Pirenei fino a Banyuls [Pyrénées-Orientales] prima di uccidersi il 26 settembre 1940 a Portbou [Espagne] pochi giorni dopo il suo arrivo, ndr), anche di mio zio, uno sfortunato disertore della Legione volontaria francese contro il bolscevismo (che combatteva sotto l’uniforme tedesca, ndr), prima di attraversare i Pirenei, apparentemente solo, dal al va in Nord Africa e si unisce ai paracadutisti, dove si è rotto una gamba al terzo salto.
Ultimo elemento, credo sia stato un libro di Gérard Guéguan intitolato “Fraenkel, un lampo nella notte” (su Théodore Fraenkel, scrittore e medico francese che fece la traversata del porto di Fontargente, ad Aston, ndr), che è all’origine del mio interesse per questi incroci nel contesto dell’Occupazione.”
Come sono andate le tue scalate dei diversi passi?
“È possibile, è fare escursioni, anche se sono asmatico e un forte fumatore, cammino ancora regolarmente. Ma il dislivello è tale che non ho più il fiato per farlo. Ho dato la mia persona, soprattutto per il porto del Rat. C’è anche la Marcia della Libertà a Saint-Girons che ho provato a fare, anche se sapevo che non sarei arrivata fino in fondo, ma così è stato. assolutamente sconvolto dal ritmo. Alla fine, ho trionfato sulle difficoltà ma ho faticato (ride). Ma è stata un’esperienza bellissima, soprattutto perché ho sempre trovato i Pirenei, dove ho potuto fare reportage, assolutamente. splendido ho preferito anche stare attento: di solito preferisco camminare da solo, ma qui, date le difficoltà tecniche, sono stato accompagnato, soprattutto a Saint-Girons, da una persona estremamente cordiale, Francis Tabouret.”
Sembra che vi sia stata anche una notevole quantità di ricerche storiografiche.
«In realtà ho alternato passeggiate e ricerche, che ho svolto in particolare presso il Servizio Storico della Difesa di Vincennes e presso l’Archivio Dipartimentale dell’Ariège. Ho apprezzato molto anche il tempo che ho trascorso lì, a Foix, e vorrei ringraziare di cuore il team degli archivi. Faccio anche le mie ricerche sui libri che ottengo come tutti gli altri. un riassunto su queste traversate dei Pirenei durante l’Occupazione, è “Ai confini della libertà, dello storico Robert Belot” (1998, ed. Fayard).”
C’è stato un momento in cui ti sei sentito sopraffatto dal compito, soprattutto durante le escursioni?
“Sul percorso Walter-Benjamin ho pensato di barare. Il giorno prima ho fatto una ricognizione dove ho visto che c’era un modo per evitare circa 2/3 del dislivello. Ma, lo scrivo in modo un po’ magniloquente nel libro, ho detto che è stato un po’ un tradimento nei confronti delle persone che lo avevano fatto, soprattutto perché avevano la morte alle calcagna, il che non era il mio caso, e che tutto quello che ho rischiato è stato di crollare esausto su una roccia. Lo scrivo in maniera un po’ pomposa, ma le mie stesse difficoltà di camminatore evidentemente mi sembravano ridicole rispetto a quelle di questi sfortunati.
Esiste ancora questo ricordo dei contrabbandieri della seconda guerra mondiale dove sei andato?
«No, non credo, tranne che a Chemin Benjamin con tutte le sue etichette, o a Saint-Girons. Lì ero con le persone che hanno creato un museo su questo tema, che hanno creato questa marcia che esplicita che siamo sulla strada della libertà. Ci sono anche le cerimonie con la presa delle armi, la deposizione di corone, eccoci nel mezzo della Storia Anche gli escursionisti sono avvisati, è scandito da ricordi commemorativi. .”