la nuova “trinità” del potere americano incarna il peggio di Internet e manda nell’oblio il meglio »

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Ttutti gli esseri umani, connessi, condividono la loro conoscenza; istruzione di massa e informazione condivisa che consolidano la democrazia; poteri verticali sopraffatti dal regno egualitario dell’orizzontalità… Era il momento in cui il filosofo Michel Serres annunciava, in Il mondo, nel dicembre 1996, “anno zero di un nuovo modo di condividere la conoscenza”e dove Thomas Friedman, editorialista di New York Times, celebrava la libera circolazione planetaria dell’intelligenza. Era ieri, due decenni fa.

Allo stesso tempo, uno sciame di fanatici libertari annunciava la vendetta sugli Stati cittadini carichi di informazione e di regolamentazione dei conflitti dando voce a tutti. Internet sarebbe nato nel 21e secolo ciò che era stata la stampa nel XVe secolo: una rivoluzione al servizio della conoscenza e dell’umanesimo.

Ed eccoci alla vigilia dell’insediamento, lunedì 20 gennaio, alla Casa Bianca, di Donald Trump, affiancato dal miliardario Elon Musk e applaudito dal boss di Meta, Mark Zuckerberg. La nuova “trinità” del potere supremo americano incarna il peggio di Internet e consegna il meglio all’oblio. Giunti al vertice della prima potenza del pianeta grazie ai social network, intendono far trionfare la loro avversione per lo Stato di diritto, il loro disprezzo per il resto del mondo e i loro interessi finanziari. In nome della “libera espressione”, vogliono, grazie alla loro ricchezza, imporre le loro parole, autorizzare l’incitamento all’odio e far regnare la menzogna. In Francia applaudono i mercanti della rabbia e gli ideologi del “meno Stato”.

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La prima elezione di Donald Trump, nel 2016, alimentata dalla disinformazione online, poi la crisi legata al Covid-19, aggravata dalle false notizie sulla salute, avevano già segnato la fine delle promesse utopistiche. La monetizzazione dei dati generati dai social network ha trasformato gli algoritmi basati sul risentimento e sul confronto in un modello economico. Del sogno del Web come immensa cooperativa autogestita è sopravvissuta solo l’enciclopedia Wikipedia.

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