“Preferisco dire la verità: non ho mai amato Jean-Jacques Rousseau.” Dalla prima riga, riteniamo che la narratrice non usi mezzi termini : “ Per me ha sempre avuto l'immagine di un filosofo un po' piagnucoloso, paranoico e magniloquente. “ Eppure, Gwenaële Robert ha deciso, dopo vent'anni dedicati alla famiglia, di riprendere la sua tesi abbandonata, che parla di botanica e Rousseau.
i bambini sono cresciuti
Direzione Ermenonville, il parco degli ultimi anni dell'autore del Contratto Sociale. Ma questa storia si interseca con un’altra: i bambini sono cresciuti, volano da soli e i genitori sono molto poveri. Vorrebbero prendere questo tempo libero come una benedizione, ma non è così semplice: “La leggerezza richiede uno sforzo immenso e tanto allenamento (…) Avevamo tutto il tempo, ma non sapevamo cosa farne.”
Recuperare il tempo perduto
È infatti un'occasione per riprendere la tesi ma anche per recuperare il tempo perduto. Soprattutto perché la narratrice non è in un territorio sconosciuto: è originaria di questa regione dell'Oise, ma la riconosce ancora? “ Lo so, il mio Paese è come l'infanzia: quando attraversi il confine è per sempre. ” È un po' persa nello spazio e nota anche che la famiglia stessa ha segnato questa distanza con coloro che li circondavano in modo molto involontario: “qui eravamo braccianti agricoli, agricoltori, meccanici alla Poclain. Ingegnere (come suo padre), ingegnere, questo non significava niente.”
Lo so, il mio Paese è come l'infanzia: quando attraversi il confine è per sempre.
Se non c’è è anche perché l’orizzonte è profondamente cambiato. Roissy emerge dalla terra, Disney non è lontana, tanto da deturpare la campagna…” Il mio paese è circondato da tutti i lati. Siamo presi in una morsa e viviamo nell'attesa della prossima catastrofe che schiaccerà il villaggio.”
Coccolato da René-Louis de Girardin, marchese di Vauvray, che lo ha accolto in questo parco storico, Rousseau riappare attraverso le pagine, i pensieri diffusi e le fantasticherie del passeggiatore solitario si intrecciano con le domande dello scrittore: “Che cosa possiamo chiedere alla letteratura: siano le istruzioni per l’esistenza, per svolgere un filo solido in questo labirinto che chiamiamo vita.”
Un libro che ricorda Rousseau pur essendo molto contemporaneo.
E senza dubbio anche molto universale. Gwenaële Robert svela con delicatezza la geografia del tempo che passa. Fa della nostalgia l'occasione per un'evocazione tenera e poetica. Questo passato che passa irriga le pagine di una sfida: “Ciò che non ha un nome scompare. Dare un nome al mio villaggio gli dà la possibilità di esistere ancora”. Autore di libri storici, Gwenaële Robert firma qui un testo bello e intimo, una meditazione sul tempo e sul destino.
Ciò che non ha nome scompare.
Fa della quotidianità un mazzo di spine ma anche di fiori cangianti. Parlare di questi giorni che passano, dei bambini scomparsi, della fragilità degli spazi, è ricordarci che la vita sfugge, e che dobbiamo essere vigili, unirci alla danza: “Tutti hanno bisogno di un passaggio per dimenticare che i regni non durano.”.