“La bestia addormentata” o la barbarie all’opera – Libération

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Polare

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In un testo radicalmente violento, l’autore americano Don Tracy esplora il fenomeno del razzismo e il potere moltiplicatore delle voci

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Non era un romanziere sconosciuto l’americano Don Tracy quando propose al suo editore un nuovo manoscritto, La bestia addormentata. Ritenuto troppo violento, fu rifiutato dal comitato di lettura e finalmente pubblicato in Inghilterra nel 1938, poi nella raccolta “Série noire” nel 1951. Come ricorda Michael Belano nella sua prefazione, autori come William Faulkner in Santuario (1931) o Horace McCoy con Un sudario non ha tasche (1937) aveva già affrontato prima di lui il tema del razzismo negli Stati Uniti. Ma il testo di Don Tracy è di violenza radicale, di crudeltà diretta, che scuote il lettore anche oggi.

In un piccolo e modesto villaggio del Maryland, il mese di novembre è già freddo e il cielo grigio annuncia la neve. Il vecchio Burroughs vende a Jim, un giovane alcolizzato nero, una brocca di whisky di mais. Lo vende a un prezzo più alto che ai clienti bianchi, ma niente di sorprendente in questo commerciante, né più né meno razzista

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