“Il mio secondo romanzo, “Blackouts”, commuove come un sogno” – Libération

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Colloquio

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Il quaderno dei Livres de Libéfascicolo

Dodici anni dopo “Animal Life”, l’autore americano pubblica finalmente il suo secondo libro, “Blackouts”, nella “continuazione” del primo con, ancora, questo anonimo narratore, oggi spinto ad aprirsi al mondo e in particolare al queer cultura.

I libri, non ultime le loro virtù, costituiscono pietre miliari eccellenti. Dove eravamo, chi eravamo, dodici anni fa, quando uscì il primo romanzo di Justin Torres, Vita animale, chi aveva allora lasciato un segno profondo nel panorama della letteratura anglosassone, per la sua ferocia, la sua stessa cadenza, la sua disarmante sincerità? A volte ci ripensavamo, sperando in una riunione da un anno scolastico all’altro, finché non ci pensavamo meno, finendo per mettere l’americano tra gli autori di un unico testo – sono dodici anni lunghi.

Justin Torres, 44 anni, stava trascorrendo il suo tempo nella giungla delle pubblicazioni? Tuttavia, il ritorno è ruggente: Blackout, pubblicato lo scorso anno oltreoceano e incoronato con il National Book Award 2024, arriva in Francia con una copertina dorata che si abbina perfettamente alla tasca di Vita animale. Alcuni ponti uniscono i due, a cominciare dalla presenza di un anonimo narratore lasciato ieri alle porte di un ospedale psichiatrico, questo “È” che sapevamo non era distante da quella dello scrittore, all’epoca trentenne. “Ho preso la strada del Palazzo con i miei ultimi soldi, da solo dopo aver perso tutto nella grande città, ora leggiamo all’inizio di Blackout che risuona immediatamente (nella traduzione di Laetitia Devaux) con l’evidenza misteriosa dei classici. Non avevo


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