“Rifiutando la pubblicità dei libri in televisione, gli editori fanno del piccolo schermo un comodo capro espiatorio”

“Rifiutando la pubblicità dei libri in televisione, gli editori fanno del piccolo schermo un comodo capro espiatorio”
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TQuasi tutti sono in rivolta contro un esperimento che durerà due anni, vale a dire un’eternità: autorizzare la pubblicità dei libri in televisione. La maggior parte delle case come Gallimard sono contrarie. L’Unione nazionale dell’editoria è contraria. I librai sono contrari. I televisori servono a questo. Anche Rachida Dati. Il ministro della Cultura naviga felicemente contro i venti dominanti. Ogni attore gioca la sua carta al ballo degli ipocriti.

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Ognuno ha la sua opinione sul decreto pubblicato in Giornale ufficiale il 6 aprile, dando il via alla pubblicità letteraria sul piccolo schermo. Soprattutto, sentiamo dire che la pubblicità dei prodotti culturali (libri, film, dischi) avvantaggia coloro che già vendono di meglio. Si sente meno dire che i bestseller aiutano a mantenere in vita l’industria allo stesso modo in cui i blockbuster aiutano il cinema francese grazie alla tassa riscossa su ogni film venduto nelle sale.

Le opinioni si decidono anche se non esiste uno studio quantificato sul mercato della pubblicità letteraria e sui suoi effetti a seconda dei media: radio, affissioni, piattaforme digitali, social network, stampa scritta, cinema, ecc. Questo elenco pone già una domanda: perché tutti hanno il diritto di pubblicizzare i libri tranne la televisione? Perché, durante la crisi del Covid-19, abbiamo visto affiggere per strada manifesti per promuovere i libri di Leïla Slimani, Hervé Le Tellier o Chloé Delaume, e oggi non potremmo pubblicizzare in TV un best-seller di Marc Levy o l’ultimo Salman Rushdie?

Tariffe pubblicitarie discriminatorie

La risposta sta nelle conseguenze della pubblicità televisiva. Con il cinema abbiamo un caso da manuale: gli spot per i film sul piccolo schermo sono possibili dal 2020. Ma il risultato di questa esperienza divide. Secondo Rachida Dati, il successo è tale – presenze in aumento, anche per i “piccoli” film francesi – che l’autorizzazione è ormai definitiva. Ma gran parte del cinema d’autore è, al contrario, circondato da un naufragio: film relegati nell’ombra, perdita di pubblico, concentrazione del mercato, rischio di standardizzazione dell’estetica.

Ognuno usa i numeri a modo suo. Rachida Dati, dal canto suo, sta ora avanzando le sue pedine per il libro: una persona sedotta dalla pubblicità di un bestseller lo comprerà in una libreria e “partirà con altri tre libri sotto il braccio”ha dichiarato il ministro in un’intervista a Echi, 12 aprile. Il decreto incoraggerà la lettura. È uno scherzo enorme, contraddetto da dozzine di studi. A cui si aggiunge quello, pubblicato all’inizio di aprile, dal Centro Nazionale del Libro affidato all’Ipsos, che mostra un calo molto preoccupante della lettura tra i giovani.

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