Che impatto hanno le serie sul nostro tempo libero? Questa è la domanda a cui tenta di rispondere il filosofo nizzardo nel suo libro “Vide à lademande”.

Che impatto hanno le serie sul nostro tempo libero? Questa è la domanda a cui tenta di rispondere il filosofo nizzardo nel suo libro “Vide à lademande”.
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Per caso, Bertrand Cochard, professore associato e dottore in filosofia e insegnante di filosofia estetica alla scuola municipale di arti plastiche di Nizza (Villa Thiole), ha appena pubblicato un’opera, “Vide à lademande”, che tratta del nostro dispendio di tempo rapporto con le serie tv in pieno festival di Canneseries. Mentre il giovane dottorando si incontra alla libreria Masséna a Nizza, questo martedì, per il suo libro, ci è sembrato importante dialogare con lui sulla serie ma soprattutto sul modo in cui il loro consumo eccessivo durante il nostro “tempo libero” dice qualcosa la nostra epoca.

Come è nata l’idea di questo libro?

Avevo scritto un lavoro su Guy Debord (“Guy Debord e la filosofia”) e stavo preparando un altro libro destinato a far conoscere ad un pubblico più vasto le sue tesi sul tempo libero. È stato durante una cena con il direttore della collezione delle Editions L’Échappée, Patrick Marcolini, che mi è stato chiesto di scrivere specificamente sulla serie. Durante la notte ho scritto l’introduzione, che da allora non è cambiata molto, e abbiamo iniziato.

A chi è rivolto questo libro?

Per chi è interessato alle serie ma anche per chi sta cercando di capire come le serie siano diventate un’attività dispendiosa in termini di tempo in un’epoca in cui nessuno ha più tempo per niente. Non sono qui per far sentire in colpa chi ama le serie, ma piuttosto per avviare una riflessione sul tempo libero, mostrando che si tratta di una questione eminentemente politica.

Cos’è il tempo libero?

Innanzitutto è il tempo fuori dal lavoro, quello che abbiamo a disposizione quando non siamo vincolati dai necessari impegni quotidiani. Il tempo libero può essere pensato come un “budget temporale” che possiamo utilizzare come desideriamo. Ma la caratteristica di una serie è consumare tempo, far passare il tempo. E credo che questo segnali una forma di vuoto che stiamo cercando di riempire. È un fenomeno simile a quello degli smartphone, che utilizziamo sistematicamente sui mezzi pubblici, in coda.

La serie servirebbe solo a riempire un vuoto? Una sorta di attività passiva?

Ci trasportano nel tempo perché ci permettono di dimenticare, a volte, le nostre preoccupazioni quotidiane; ci liberano anche dal pesante compito di dover pensare a noi stessi. Penso qui alla teoria sviluppata da Alain Ehrenberg in ”La fatica di essere se stessi”. Depressione e società. In sostanza, il nostro tempo libero è falso perché c’è una forma di passività quando guardiamo una serie, non c’è bisogno di trovare una motivazione incredibile per iniziare un episodio. Quando hai molta energia e vuoi fare esercizio, non inizi un episodio. Nelle nostre società moderne è strutturalmente difficile annoiarsi perché le tentazioni, in particolare quelle digitali, sono ovunque. E tanto più in quanto consideriamo il tempo libero come tempo che il lavoro libera, come tempo prodotto dal lavoro. Tutti vogliono mettere a frutto questo periodo faticosamente conquistato; deve essere reso redditizio. Guardare una serie ti dà questa sensazione.

Perché giudichiamo diversamente il consumatore di una serie e il lettore?

Dal rapporto con lo schermo. È scientificamente provato che la sovraesposizione agli schermi ha un impatto sul sonno, sull’attenzione e sulla sedentarietà. Non utilizziamo le stesse aree del cervello quando leggiamo e quando guardiamo uno schermo.

Cosa dice il consumo di serie sul nostro tempo?

Nel 2019, il 60% dei francesi ha dichiarato di seguire una serie almeno una volta alla settimana, il 30% tutti i giorni. Cifre che dimostrano che quella serie è diventata il passatempo preferito dei francesi. C’è un vero attaccamento al racconto, alla narrazione, tutto deve raccontare una storia, questo è senza dubbio legato al nostro tempo dove c’è una forma di paralisi storica: la storia sembra ripetersi, le guerre, la stagnazione. Ci connettiamo con le storie, con la forma del racconto, in un’epoca storica caratterizzata da inerzia e crisi permanente. Il contenimento è stato un forte indicatore del consumo di serie, questo ha amplificato la popolarità delle serie tra le persone. Consumiamo serie in ogni momento della nostra vita, quando cuciniamo, quando ci addormentiamo, quando prendiamo i mezzi di trasporto…

Come evitare questo consumo eccessivo?

È una questione più ampia che riguarda il tempo di lavoro, il tempo trascorso davanti allo schermo, la priorità delle attività con una qualche forma di realizzazione. A volte diciamo che le serie ci danno qualcosa su cui riflettere, ma spesso sono solo l’illustrazione di teorie già esistenti. Una serie non è autosufficiente: può suscitare consapevolezza, sì, ma è il passaggio all’azione storica che è soggetto a cautela. Le serie raccontano quella che è la nostra società attuale, con una forma di individualizzazione, perché spesso le consumiamo da soli, in casa, c’è una forma di ritiro, è un’attività solitaria anche se ne parliamo molto con i nostri cari ma ci riuniamo molto raramente per guardare un episodio.

> “Void on Demand – Recensione della serie” .

Edizioni L’Échappée. 176 pagine. 17 euro.

> Incontro di Bertrand Cochard alla libreria Masséna di Nizza questo martedì, dalle 19.00.

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