Rive annerite, masse viscose trasportate dalla corrente, centinaia di uccelli con le ali macchiate d’olio ripulite e curate alla meglio, pesci intrappolati e focene avvelenate, più di trenta cetacei trovati morti… I video visibili sui social russi lo testimoniano l’entità della fuoriuscita di petrolio che ha colpito le coste della Russia sud-occidentale e della Crimea dal 15 dicembre.
Quel giorno, due petroliere russe, la Volgoneft-212 e il Volgoneft-239si incagliò durante una tempesta nello stretto di Kerch, tra la Russia e la Crimea, penisola ucraina annessa a Mosca. Le due navi trasportavano 9.200 tonnellate di olio combustibile. Ufficialmente circa il 40% di questo volume potrebbe essersi riversato in mare.
Da allora la fuoriuscita di petrolio ha continuato a estendersi sulle coste russe, ma anche in Crimea. Raggiunge ora la città di Sebastopoli, porto militare della penisola. Fino a 200.000 tonnellate di suolo potrebbero essere state inquinate, ha annunciato il Ministero delle Risorse Naturali russo il 27 dicembre 2024, senza cercare di nascondere l’entità dell’inquinamento. Il 19 dicembre lo stesso capo del Cremlino, Vladimir Putin, ha parlato di a “disastro ecologico”.
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