Gli Stati membri convalidano la squadra “von der Leyen-Kallas-Costa”, e adesso? La saga delle migliori posizioni europee continua

Gli Stati membri convalidano la squadra “von der Leyen-Kallas-Costa”, e adesso? La saga delle migliori posizioni europee continua
Gli Stati membri convalidano la squadra “von der Leyen-Kallas-Costa”, e adesso? La saga delle migliori posizioni europee continua
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C’era un sentimento di gioia o di sollievo in questa conferenza stampa. Perché se l’esito di questo vertice sembrava scritto in anticipo, c’era sempre il rischio che il premier Giorgia Meloni, il suo omologo ungherese Viktor Orban, o il dibattito sulle sfide europee da raccogliere, rovinassero la festa… Le sorprese potrebbero d’altrove sorgono ancora.

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Perché questi tre nomi e non altri?

Sarebbe bastato togliere un pezzo dal blocco “UvdL-Kallas-Costa” perché tutto crollasse. Se questa squadra è stata presa o lasciata è perché è stata pesata con un trabucco per preservare l’equilibrio politico tra le famiglie europeiste che costituiranno la maggioranza al Parlamento europeo. Si tratta del Partito popolare europeo (Ppe, conservatore), rappresentato dalla von der Leyen, dei Socialisti e Democratici, club di Antonio Costa e dei liberali di Renew, con Kaja Kallas.

Tutti gli angoli d’Europa dovevano ancora trarne vantaggio (Nord/Ovest, Sud, Est). “È un onore per l’Estonia, un piccolo Paese che festeggia 20 anni nell’Ue”, si è rallegrata la Kallas, che sarà il primo Alto rappresentante dell’Europa orientale. Non ultimo, servivano abbastanza profili femminili, nonché personalità riconosciute, con caratteri solidi ma compatibili: nessuno vuole rivivere una rivalità come quella che ha opposto Ursula von der Leyen e Charles Michel, ma anche l’Alto Rappresentante Josep Borrell. “Se c’è una cosa in cui dobbiamo migliorare, è assicurarci di avere persone di qualità che vogliano lavorare insieme”aveva supplicato prima dell’incontro il dimissionario primo ministro belga Alexander De Croo.

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Poiché le persone che selezionavano queste caselle non erano comuni per strada, la maggior parte dei leader concordava sul fatto che fossero le scelte migliori. Soprattutto perché nessuno ha voluto riprodurre lo psicodramma del 2019, quando furono necessari due vertici per trovare un accordo sui più fortunati, e fuori dal cappello… l’inaspettata Ursula von der Leyen, ex ministra della Difesa di Angela Merkel.

Erano tutti d’accordo?

Non tutti vedevano le cose in questo modo. Giorgia Meloni è arrivata (e se n’è andata) lamentandosi di questa squadra che non porta alcuna etichetta di “Conservatori e Riformisti Europei” (ECR) – famiglia del suo partito neofascista Fratelli d’Italia – o in generale delle forze della destra radicale e di estrema giusto, che hanno avuto un (relativo) successo alle elezioni europee.

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Peccato, hanno risposto gli altri leader, a cui bastava solo la maggioranza per validare “UvdL-Kallas-Costa”. “Cer“Alcune persone hanno pensato che sarebbe stato bello provare a collaborare con la signora Meloni.”confida un insider, riferendosi, in particolare, al polacco Donald Tusk. “Per altri era importante dimostrare che non appartiene alla piattaforma dei tre partiti europeisti. Ciò che ha contribuito al suo sentimento di umiliazione è stato il fatto che volevano dimostrare che lei non era il kingmaker che pensava di essere. “

“La loro proposta è errata nel metodo e nella sostanza, ho deciso di non sostenerla, per rispetto dei cittadini e del segnale che hanno alle elezioni”. ha ferito la Meloni, che però non ha avanzato alcuna proposta alternativa… L’italiana sarà quindi uscita dal vertice imbronciata, ma non troppo visto il suo voto: no a Costa e Kallas, astensione per l’UvdL. L’ungherese Orban, che ha espresso la stessa lamentela, ha votato contro l’UvdL e si è astenuto per Kaja Kallas. Ma l’italiana ha voluto lasciare la porta aperta per monetizzare il sostegno del suo partito al tedesco, nella fase successiva…

Imballato, è pesato? Non proprio

La saga di lavori migliori proseguirà il 18 luglio al Parlamento europeo, con il voto di investitura di Ursula von der Leyen, a scrutinio segreto. La presidente uscente dovrà convincere almeno 361 eurodeputati su 720 a votare a suo favore. Di per sé il conto è lì, con il PPE, i socialisti e i liberali, che hanno un totale di 399 seggi. Si prevedono però defezioni, come ha dimostrato l’esperienza del 2019. All’epoca ha ricevuto solo nove voti in più rispetto alla soglia richiesta di 374 voti. E ancora, è stato grazie ad alleati tutt’altro che naturali, come i polacchi del PiS, membri dell’ECR, che hanno fatto sapere che non si sarebbero fatti riprendere. La von der Leyen dovrà quindi fare una scelta: gettare un’ampia rete piuttosto a sinistra (i Verdi) o a destra (i 23 eurodeputati della Meloni&Co.), non essendo le due cose compatibili.

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E se avesse sbagliato i calcoli? Ufficialmente non esiste un piano B. Il Consiglio europeo dovrebbe riunirsi di nuovo. Spetterebbe soprattutto al PPE, che vuole mantenere il controllo della presidenza della Commissione, proporre un’altra soluzione.

Se il signor Costa entrerà in carica a dicembre, Kaja Kallas dovrà essere sottoposta ad un’audizione davanti al Parlamento europeo, dove sarà sicuramente interrogata sul suo interesse per il mondo che non circonda l’Ucraina. Si tratta di un passaggio obbligato per l’intero collegio dei commissari, che il presidente dovrà costituire con i politici inviati a Bruxelles da ciascuno degli Stati membri. Dopodiché inizierà una nuova stagione della serie europea…

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