Palestina: “The Day After” sta sprofondando nell’oblio?

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Tratto da Europa Solidaire Sans Frontières

1 maggio 2024

Di David Finkel

Manifestazione a New York contro la complicità di Washington nella guerra di Israele contro la Palestina. I sindacati sono spesso presenti durante queste azioni. Foto dell’evento: Dan La Botz

In effetti, la domanda che ci si pone oggi è se esista davvero un “giorno dopo”. Sei mesi di massacri civili non hanno portato alla sconfitta di Hamas o al rilascio degli ostaggi israeliani – quelli ancora vivi – ma all’annientamento totale di Gaza, forse a un punto tale che sarà impossibile ricostruirla, il che è chiaramente l’obiettivo del governo israeliano.

Il desiderio del Primo Ministro Netanyahu di prolungare la catastrofe a Gaza, e non di porvi fine, era evidente molto prima dell’attacco israeliano alla missione diplomatica iraniana in Siria e prima degli attacchi con droni e missili. Gli attacchi iraniani del 14 aprile, ampiamente annunciati, hanno causato, come ci si potrebbe aspettare , solo danni minimi.

Controcorrente viene pubblicato subito dopo questi avvenimenti, prima di sapere se e quanto presto Netanyahu sceglierà di spingere ulteriormente il confronto con l’Iran, per tenere a galla il suo disprezzato governo e con la speranza di trascinare giù la triste amministrazione americana “Joe il genocida” in una guerra su larga scala.

Anche prima degli eventi del fine settimana, come ha osservato l’eminente giornalista israeliano Amos Harel:

A più di sei mesi dal massacro del 7 ottobre, Israele sta lottando per ottenere una vittoria militare che possa strategicamente compensare parte della devastazione causata da questo disastro, ed è lungi dall’essere in grado di alleviare la terribile sofferenza delle famiglie dei 133 ostaggi (molti dei quali morirono)”. (Haaretz, 12 aprile 2024)

E adesso ?

Dopo l’attacco iraniano, Joe Biden ha implorato Netanyahu di “alzare la posta” senza reagire ulteriormente, sottolineando che la risposta delle forze multinazionali che hanno abbattuto droni e missili evidenzia la relativa debolezza dell’Iran.

Questo è ovviamente vero. È anche vero che l’Iran si è premurato di allertare i governi della regione, per non parlare dei servizi segreti, con 72 ore di anticipo per non sorprenderli e per dare loro il tempo di prepararsi. La priorità del regime iraniano – come quella di Netanyahu – è la propria situazione interna. È in guerra con la sua stessa gente e l’ultima cosa di cui ha bisogno è che soffrano ancora.

Inoltre, se l’Iran intendesse davvero causare danni di natura strategica, dovrebbe ricorrere a misure estreme, tra cui massicci attacchi missilistici dal Libano e la chiusura dello Stretto di Hormuz, che costituirebbero una vera e propria minaccia di conflagrazione totale. È chiaro che l’Iran e gli Stati Uniti vogliono evitarlo. Ma è questo il caso di Netanyahu?

Gilbert Achcar, in un commento sull’azione iraniana, afferma che “ lanciando centinaia di ordigni direttamente nel territorio israeliano, sono caduti nella trappola, legittimando così un attacco israeliano diretto sul proprio territorio… rafforzando così la tesi israeliana a favore della distruzione preventiva del proprio potenziale. »

Achcar conclude: “ A mio avviso si tratta di un errore che potrebbe rivelarsi altrettanto monumentale quanto quello commesso da Hamas nel lanciare l’operazione del 7 ottobre 2023. “.

Allo stesso tempo, gli atti di sadica ferocia perpetrati dalle forze israeliane a Gaza, anche se poco pubblicizzati, sono impossibili da nascondere del tutto, con conseguenze ovviamente per la popolazione di Gaza, ma anche per Israele. Amos Harel li descrive così:

Il controllo dello stato maggiore su ciò che accade sul campo e nei posti di comando continua a indebolirsi, il che si traduce in deviazioni dalle procedure e dalle istruzioni… Ciò si riflette nella crescente indifferenza israeliana per le vite umane da parte palestinese. Questo fenomeno, la cui origine risiede soprattutto nel sentimento di vendetta suscitato dal massacro, è ormai divenuto comune in alcuni reparti dell’esercito. “.

Con il passare del tempo, è praticamente inevitabile che il genocidio di Gaza e la brutale pulizia etnica in Cisgiordania avranno ripercussioni dirette sulla società israeliana, come abbiamo visto negli Stati Uniti durante e dopo la guerra del Vietnam, così come sulle politiche politiche potenzialmente esplosive crisi che attualmente sta riemergendo. Per quanto riguarda lo stesso Netanyahu, Harel conclude:

Tutto ci dice che intende aggrapparsi al potere con tutte le sue forze. Non c’è motivo di credere che presto ci saranno cinque coraggiosi membri della coalizione pronti ad alzare la mano per rovesciarlo. “Quest’uomo resterà in carica e continuerà a ostacolare ogni possibilità per lo Stato e la società di uscire dalla situazione disastrosa in cui ci troviamo e che è in gran parte imputabile a lui”..

Il cinico atteggiamento attendista dell’imperialismo, che vuole far credere alla gente che l’influenza americana può rimodellare la Palestina e il Medio Oriente “il giorno dopo” il massacro, solleva la questione di sapere quando ciò avverrà “il giorno dopo”. arriva un giorno.

David Finkel

P.-S.

• Tradotto per ESSF da Pierre Vandevoorde con l’aiuto di DeepLpro.

Fonte: Controcorrente n. 230, maggio/giugno 2024:

https://againstthecurrent.org/atc230/the-day-after-fading-to-oblivion/

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