Pubblicato il 1 ottobre 2024 alle 10:01. / Modificato il 1 ottobre 2024 alle 14:56
Il messaggio è scritto con spray nero su un furgone bianco: “Benvenuti a Culiacan”. All’interno, cinque corpi nudi tempestati di proiettili. Non c’è dubbio che gli autori di questa macabra scena sapessero che il presidente messicano Andrés Manuel Lopez Obrador, detto AMLO, si sarebbe recato venerdì scorso nei pressi di Culiacan, capitale di Sinaloa. In questo stato del Messico occidentale, i residenti hanno assistito a scontri nelle strade di mezzo sicari del cartello di Sinaloa e dell’esercito. Hanno già lasciato più di 120 morti e decine di dispersi.
Erede di un paese che il presidente conservatore Felipe Calderón ha gettato in una guerra di cartelli nel 2006, il socialista AMLO non è mai riuscito a ridurre la violenza in Messico, a differenza della povertà. Violenza e insicurezza rappresentano il principale fallimento del suo mandato e si concretizzano in scontri tra cartelli rivali, estorsioni di imprese, traffico di migranti e traffico di droga. Anche quest’anno più di 35.000 persone sono morte a causa delle violenze.
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