Jonathan Millet, per il film I fantasmi

Jonathan Millet, per il film I fantasmi
Jonathan Millet, per il film I fantasmi
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Jonathan Millet è cresciuto in Alta Savoia, a Chamonix, ma qualcosa lo ha spinto altrove. A 18 anni è partito da solo alla scoperta del mondo, attraversando più di 50 paesi, dall’Amazzonia al Bangladesh, Sudan, Siria e Medio Oriente. All’inizio era curiosità e un paese tira l’altro. Lui dice : “Volevo, piuttosto che imparare ad accendere una macchina fotografica, vivere e sperimentare le cose.”

L’ospite aggiunge: Me ne sono andato con una macchina fotografica e quella è stata la mia scuola di cinema. È stata la mia scuola di vita, in un certo senso, ma era la mia scuola di cinema. Ho imparato a fare progetti. A poco a poco sono riuscito a farmi assumere per realizzare piccoli film, per le ONG, per vendere immagini e così via. E questo mi ha portato a pensare a come giriamo, a come raccontiamo le storie. Questo mi ha portato ai documentari.”

Ha realizzato numerosi documentari degni di nota, che lo hanno portato a questo primo lungometraggio di finzione. Jonathan Millet firma quindi un’opera prima, un film di spionaggio, virtuoso, brillante, uno dei film che ha stupito di più Léa Salamé in questa stagione. È chiamato I fantasmiesce mercoledì prossimo.

I Fantasmi, la caccia ai carnefici

Racconta di una cellula segreta in Europa che rintraccia i criminali di guerra di Bashar al-Assad che si sono rifugiati in Germania e Francia. Come allora, c’erano i cacciatori di nazisti, solo che lì stavano dando la caccia ai carnefici del regime di Assad. Noi seguiamo Hamid, che prima della guerra era professore di letteratura ad Aleppo, torturato per due anni nella prigione di Bashar al-Assad. Anche sua moglie e sua figlia furono uccise in un bombardamento. È in Francia, a Strasburgo, e cerca ossessivamente il suo torturatore.

Queste cellule esistono ancora, come spiega Jonathan Millet: “Ho iniziato a sentirne parlare dai rifugiati di guerra siriani. Stavo partecipando a un altro progetto, un progetto di documentario, e sto iniziando a sentire frammenti di questa incredibile storia. Stiamo parlando di cacciatori di prove in Siria che stanno cercando di documentare cosa sta succedendo lì e questi cacciatori di carnefici E questa storia mi sembra così incredibile, mi porta subito via e comincio a pensare a un film. queste sono cellule segrete ma cittadini comuniun tassista, un avvocato, che vanno alla ricerca di criminali di guerra in Europa di cui non conoscono i volti.”

Un film sensoriale

Il personaggio principale è interpretato da un attore incredibilmente intenso, Adam Bessa, franco-tunisino. È ossessionato dall’idea di trovare il suo torturatore. Pensa solo alla vendetta. Non ha più vita, non ha più desiderio, non gli resta altro che la ricerca di questo carnefice che gli ha tolto la vita. Crede di riconoscerlo all’università di Strasburgo, studente di chimica. Solo che crede di riconoscerlo, ma non l’ha mai visto. Durante i due anni trascorsi in prigione, gli è stato messo un sacco in testa durante la tortura. Ciò che è molto forte in questo film è che cerchiamo un uomo che nessuno ha mai visto. Ci sono testimonianze audio di quello che ha fatto, dei cavi elettrici, delle torture, dell’acido, ecc. Tutto quello che faceva ai prigionieri, ma nessuno lo vedeva mai perché avevano questi sacchi sopra le loro teste.

Jonathan Millet: “Viene dalla realtà, vale a dire quello è davvero una caccia, un film di spionaggio, ma poiché non hanno mai visto il suo volto, diventa una caccia sensoriale. Parliamo della sua voce: la riconosciamo? –, il suo odore, il suo approccio. Ci chiediamo se proiettiamo il nostro carnefice sulla prima persona che arriva. Bene, è una ricerca quasi astratta in un dato momento. E filmare questa persona invisibile era anche un vero desiderio di cinema.”

-> Per saperne di più, ascolta questa intervista…

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