il Nuovo Regno”, il macaco motosega – Libération

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Un successone

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Se la serie di blockbuster aveva finora convinto, la sua ultima parte, servita da effetti speciali monumentali, sta perdendo consistenza.

Hollywood detesta il vuoto: nella terra delle grandi macchine, i buchi sono fatti per essere riempiti, lo spazio saturato e le storie chiuse. Così quando, in questa giungla asfissiante, si intromette un po’ di respiro e di ampiezza, ammiriamo, esaltiamo, chiediamo un’impresa. E quello commesso dalla trilogia di il pianeta delle scimmie, avviato nel 2011, non è stato trascurabile. Rilanciare un franchise che è stato gravemente abusato dai tempi del film inaugurale di Franklin J. Schaffner nel 1968 (quattro sequel, due serie e un remake, tutti buttati via) con tre ritorni di fiamma di qualità inaspettata (le origini nel 2011, il confronto nel 2014, Supremazia nel 2017), che oggi figurano al (molto) vertice del paniere dei blockbuster degli ultimi venticinque anni. Ovviamente, quando la vicenda riprende, diciamo “sì”, diciamo “per favore”, diciamo “e come”.

Ritmo implacabile e policromia urlante

Ambientato diverse generazioni dopo Supremazia, il Nuovo Regno segue una giovane scimmia, Noa, membro di un clan pacifico, in un mondo dove la natura ha riconquistato i suoi diritti e dove i primati ormai regnano da soli. O quasi, visto che non ci vuole molto perché appaia un essere umano, scatenando un torrente di fastidio nel quale precipiteranno Proximus Cesar, il folle monarca di un regno babilonese, e il suo esercito di gorilla pronti a distruggere tutto. Come i suoi predecessori, il film, che fa appello ai due scenari

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