“Salem”, tra crudo realismo e goffa fantasia

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Salem
Di Jean-Bernard Marlin
Drammatico, Romantico
Con Dalil Abdourahim, Oumar Moindjie, Wallen El Gharbaoui
Uscita nelle sale il 24 aprile 2024

Dopo il trionfo di Scheherazade, Jean-Bernard Marlin torna con Salem, che non sembra poter rivendicare lo stesso destino del suo predecessore. In questa esplorazione dei vicoli bui dei quartieri poveri di Marsiglia, il regista sembra talvolta trovarsi in un vicolo cieco della sua stessa narrazione. In un ambizioso tentativo di interferire nella difficile quotidianità dei giovani dei quartieri marsigliesi, l’eccentrico approccio narrativo di Salem fa più male che bene.

Djibril, un giovane comoriano che vive nel quartiere di Sauterelles, è innamorato di Camilla, una zingara di Grillons, quartiere rivale. Camilla rimane incinta e decide di tenere il bambino nonostante le tensioni tra i due quartieri. Intrappolato in una spirale di criminalità, Djibril viene condannato a dodici anni di carcere. Dopo il suo rilascio, è ossessionato dall’idea di trasmettere il suo presunto dono di guarigione a sua figlia, convinto che lei possa porre fine alla maledizione che grava sulla loro comunità.

Salem è una storia in cui le realtà sociali si mescolano con elementi mitici. Un passaggio tra due mondi diegetici che il più delle volte si rivela brusco e poco convincente. Se le scene di vendetta affascinano per la loro autenticità, lo spostamento verso elementi fantastici, come la resurrezione di una vittima di arma da fuoco, sembra artificiale, lasciando un’impressione di disconnessione dalla cruda realtà della storia. L’incursione del fantastico porta con sé uno sciame di insetti rappresentativi delle azioni miracolose di Djibril e di sua figlia. Questo tentativo di narrazione insolita, simboleggiato dal salvataggio delle cicale, sembra vano, aggiungendosi all’atmosfera nebulosa del film. Il regista sembra perdersi nella propria storia, destreggiandosi goffamente tra i due universi senza riuscire a fonderli in modo coerente. I temi sociali di fondo affrontati, come il determinismo sociale e la criminalità nei quartieri di Marsiglia, si ritrovano eclissati da elementi fantastici senza alcun valore reale che oscurano la potenziale profondità delle questioni sociali sollevate.

Al di là di una certa goffaggine della sceneggiatura, Salem solleva una profonda domanda sull’insensibilità alla morte che regna nei quartieri segnati dalla violenza delle bande. Mentre la morte sembra essere una realtà inevitabile, Djibril incarna un contrasto stridente assumendo il ruolo di guaritore, capace di riportare in vita i morti. Una prospettiva audace sul valore della vita umana all’interno di queste comunità emarginate. Il protagonista diventa così il catalizzatore di una riflessione più profonda sulla natura della morte e sulla possibilità di redenzione, aprendo la strada a un’esplorazione sfumata delle complessità della vita e della morte in un contesto segnato dalla violenza e dalla desolazione.

Salem è quindi un film piuttosto frustrante, perché nonostante le sue lodevoli ambizioni, il regista fatica a realizzare la sua visione. La confusione narrativa tra realismo e fantasia prende il sopravvento, danneggiando la portata complessiva del messaggio, pur se inizialmente sorprendente.

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