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Il Petit Palais de Genève si trasferisce all’Hermitage di Losanna
Il museo chiuso di Oscar Ghez (1905-1998) rivive in una mostra temporanea che inneggia alla libertà di un collezionista anticonformista.
Pubblicato oggi alle 13:02
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- La Fondation de l’Hermitage presenta una collezione ginevrina rimasta inaccessibile per venticinque anni.
- Oscar Ghez ha acquisito più di 5.000 pezzi di artisti noti e altri un po’ meno.
- Prediligeva l’opera figurativa degli impressionisti e dei postimpressionisti.
- Per questo tunisino di nascita (1905-1998), “l’arte è al servizio della pace”.
Abbiamo quasi l’impressione di conoscerlo, vedendo questo Petit Palais di Ginevra tra i prestatori di mostre con la sua Caillebotte, Steinlen, Bazille o addirittura Vallotton. Errore… Chiusa al pubblico due anni dopo la morte del suo fondatore, Oscar Ghez (1905-1998), questa collezione non si vede, in pubblico, né in maestà, da venticinque anni. Una generazione!
Ciò dimostra che il senza precedenti è lì per molti la Fondazione Hermitage. Soprattutto perché non si tratta dell’ennesima mostra sull’impressionismo e le sue molteplici eredità quella firmata dall’istituzione losannese, bensì di un vero e proprio incontro con un collezionista… a cui non importavano molto le regole del genere.
Osare l’eclettismo invece di lasciarsi vincolare dalle mode! L’uomo, un tunisino di origine ebraica, che il XXe guerrafondaio del secolo passato più volte prima di portarlo a Ginevra, è ancora oggi molto presente nel peso delle sue scelte. Diciamo… beh fermato. L’abstract ha pagato il prezzo. Le sue emozioni si liberano solo davanti alla figura che chiede tensione, impegno, spirito, indipendentemente dal fatto che la firma sulla tela sia conosciuta, corteggiata o meno.
Picasso e Tamara de Lempicka
Sono questi fili molto personali, ma non così invisibili, che collegano il tutto e rendono questa collezione un tutt’uno dietro l’aspirazione di Oscar Ghez per “l’arte al servizio della pace”. In pochi decenni aggiunse diverse migliaia di opere al suo inventario, si parlava addirittura di 5.000 pezzi negli anni ’90. Ci sarebbero state delle vendite… dopo la sua morte. Ma anche nuove acquisizioni tra cui un gioiello Caillebotte immersi nell’intimità di due donne al lavoro.
Da vedere all’Hermitage, la scelta comprende 136 pezzi che spaziano dall’impressionismo – ad eccezione di Monet, che era già troppo caro quando il ginevrino si lanciò alla fine degli anni Cinquanta – fino a Picasso in pieno flirt con il surreale. Oppure Tamara de Lempicka ha una sagacia imponente quando dipinge la sua “Prospettiva” saffica, una tela che al Salon d’Automne del 1923 aveva a lungo ritenuto opera di un uomo.
È dunque anche questo fermento artistico quello che raccoglie Oscar Ghez mentre, tra il 1890 e il 1930, le rivoluzioni estetiche urtano e scacciano la modernità. Questo spirito, questo ritmo parla del carattere dell’industriale presentato come il re della gomma ma mai descritto come portatore del gene dell’ozioso. «Un uomo che si muove in senso letterale e figurato», scriveva Vincent Philippe sul «Foglio d’opinione di Losanna» dopo averlo incontrato nel 1971. Quando ti accoglie nel suo bel salotto, non riesce a stare fermo, trasportato «dall’entusiasmo e dalla il gusto della persuasione.”
È al convenuto che Oscar Ghez chiede all’art. Puoi leggerlo, puoi sentirlo nelle tue scelte. Puoi vederlo dalla prima stanza. Ritratti. Nient’altro che sguardi frontali! Influente, addirittura. Che si tratti di Sarah Bernhardt, dipinta da George Bottini. O la poetessa Alice Vallières-Merzbach vista da Auguste Renoir. Le acque non scorrono tranquille nei dipinti che sceglie, i pensieri non si perdono e le atmosfere non sono statiche.
Anche il soggetto tipico – il mazzo di fiori – si emancipa da un’estetica contemplativa. È firmato Chaïm Soutine. E guarda da vicino la ballerina in tutù coperta dal pennello di Pierre Carrier-Belleuse, tiene una forbice nella mano destra.
Caillebotte in ritardo
Da ogni tela emerge una tensione, la vita esplode, spesso febbrile, e racconta le sue storie. Le sue vittorie. Come ne “Il Ponte d’Europa” di Gustave Caillebotte, uno dei primi preferiti del collezionista che lo acquistò nel 1956. Un colpo da maestro. Avrebbe potuto farcela quando gli hanno offerto più di 30 milioni di franchi, una somma pazzesca. Sapendo che l’ultimo record d’asta dell’artista si attesta dal 2021 a 43 milioni di franchi. Ma se il dipinto iconico lascia Ginevra, è… in prestito. Ha fatto addirittura il ritardatario arrivando martedì sera a Losanna, riprendendo a malapena di una mostra di Caillebotte al Musée d’Orsay di Parigi.
“Sono solo il proprietario dei miei quadri”, disse il collezionista nel 1994 a “L’illustré”. Non ne sono il proprietario, questo patrimonio appartiene all’umanità”. Da notare: la collezione ha sfilato con i suoi tesori anche tra Giappone, Stati Uniti, Israele, Francia, Russia. Il suo anticonformismo a tracolla!
A Losanna incontriamo alcuni UFO, come il motivo delle macine di Monet rivisitato da Theodore Earl Butler. O un paesaggio di Moses Kisling che esagera con l’iniezione di colori. O anche un’ingenuità poco convincente di Dominique Lagru. Il collezionista potrebbe aver commesso degli errori? “Non possiamo dirlo in questi termini”, dice la curatrice della collezione, Marjorie Dugerdil-Klein. Ha acquisito artisti in cui credeva e che voleva sostenere. E li ha smascherati tutti, senza distinzione”.
Oscar Ghez, “L’arte al servizio della pace”
Uomo d’azione, Oscar Ghez ha mosso i suoi primi passi a Sousse, in Tunisia. Aveva 10 anni quando la sua famiglia lasciò il paese nel 1915 per stabilirsi a Marsiglia. Più tardi, ricorderà per il “Journal de Genève”, “essendo stato un collezionista fin dall’inizio. A 3, 4, 5 anni collezionavo conchiglie sulla spiaggia, oltre a monete e lucerne romane; più tardi ho rilevato la collezione di francobolli di mio padre”.
La sua vita professionale iniziò nel dopoguerra, a Roma. È entrato nel settore della gomma con suo fratello. Ma all’alba della seconda guerra mondiale, l’insicurezza spinse questi ebrei credenti a stabilirsi in Francia. Poi dal 1940 negli Stati Uniti. L’arte arrivò più forte che mai nella vita di Oscar Ghez una quindicina d’anni dopo, quando acquistò le sue prime opere. Un’attività che diventerà prioritaria poiché diversi lutti lo colpiscono e vende le sue fabbriche. Nel 1968 lancia l’avventura museale del Petit Palais a Ginevra. Un successo di pubblico che durerà fino al 2000, due anni dopo la sua morte, avvenuta il 20 febbraio 1998.
Losanna, Fondation de l’Hermitage, fino al 1È Giugno, martedì-domenica (10:00-18:00), giovedì (10:00-21:00). fondazione-hermitage.ch
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