Un famoso ristoratore di Bruxelles lascia il Belgio per aprire un ristorante tradizionale in Toscana

Un famoso ristoratore di Bruxelles lascia il Belgio per aprire un ristorante tradizionale in Toscana
Un famoso ristoratore di Bruxelles lascia il Belgio per aprire un ristorante tradizionale in Toscana
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2014, Bruxelles, due amici ristoratori, Francesco Cury il toscano, che sognava di fare il critico gastronomico, e Ugo Federico, il napoletano dell’isola d’Ischia, cullati dalla cucina della madre, decidono di tentare la fortuna a Bruxelles. Si sono conosciuti in una grande casa a Firenze, Le Cibreo di Fabio Picchi. Entrambi hanno una vasta esperienza sia in cucina che in sala, sono innamorati del loro terroir, della cucina italiana, non amano le cose statiche e la loro passione comune è il vino.

Scopri in video la vita da sogno di Ugo Federico, lo chef del ristorante Racines:

Perché Bruxelles?

I due amici vedono lì del potenziale: la capitale d’Europa offre sicuramente diversi ristoranti italiani, ma secondo i due audaci amici l’autenticità e i prodotti di vera qualità raramente sono al centro dell’attenzione. Per loro c’è spazio per una cucina basata sui prodotti e sulle culture italiane (il plurale è appropriato), vogliono sedurre i belgi, gli italiani del Belgio, ma anche la comunità degli amanti dei vini vivi e della cucina che colpisce del gusto germogli. Diciamo la verità, la realtà del 2014 era già meno chiara, secondo uno scribacchino gastronomico. Bruxelles e tutto il Belgio avevano già vissuto una prima ondata di cucina italiana 2.0 all’inizio degli anni 2000. Il sottoscritto, che aveva conosciuto il duo di cucina pizze fritte nei mercatini di Bruxelles, avrebbe potuto anche dire loro che c’erano ancora posti da prendere in termini di cucina italiana che voleva sfuggire ai cliché del genere. Ed è quello che hanno fatto, con talento.

I mercati stanno andando bene per un po’; Ben presto, spendono i loro pochi risparmi per aprire un ristorante a Ixelles, a due passi da Place Flagey, che decidono di chiamare Racines. Perchè Radici? Perché Bella Napoli e il Gran Sasso erano già occupati! E soprattutto perché vogliono entrambi evocare le loro diverse radici nella cucina italiana e, allo stesso tempo, stabilirsi a Bruxelles e sentirsi liberi di non rimanere chiusi nei cliché della cucina italiana; il confinamento concettuale che sono le parole ripetute all’infinito quando parliamo dell’Italia gourmet come “amore”, “pasta”, “pizza”, “sole” e “Mediterraneo”. In verità, di l’amoresaranno tanti, i due amici hanno conosciuto ciascuno la propria moglie, nasceranno dei figli alle due coppie; Di la pasta anche, ma fatta in casapizza ma fritta. E il sole splenderà attraverso le origini ischitanes di Ugo, ma grazie a Francesco il Toscano saranno presenti anche le nebbie invernali e il caldo continentale.

Inizialmente l’ambizione culinaria è forte, ma semplice; è Ugo a prendere in mano la cucina e Francesco a prendere le redini della cantina e della sala. Vogliono anche e soprattutto fare del loro locale uno spazio conviviale, dove aprire belle bottiglie e gustare la cucina degli amici. Ugo, Francesco e Racines raggiungono rapidamente il successo. Il primo giorno la vernice non è asciutta, ma la stanza è piena. Successo critico e commerciale. E i due si mettono in gioco, affina la cucina, lavora con impasti freschi, eccelle nella cucina del pesce, pur continuando a proporre ricette “di mamma”, come le famose. bombe fritte di infinita delicatezza.

Nove anni dopo, Racines è considerato uno dei migliori ristoranti di cucina italiana in Belgio. Ugo propone la sua cucina sotto forma di menù fissi, perfettamente dosati, equilibrati e con una sequenza che è un vero crescendo. Francesco padroneggia un’accoglienza ultra personalizzata e un’audace lista dei vini. Qualche schiaffo però l’hanno preso: con il covid che li ha motivati ​​come non mai, proponendo i loro piatti in versione “kit da asporto e un po’ per finire di cucinare a casa”. E il fallimento di due tentativi di diversificazione eppure culinari magici: Petit Racines, che proponeva pasta fresca, e Monella, nello stesso locale, dove si gustava lo street food napoletano, bombe fritte, crocchè et montanare… Non importa, il menu di Racines oggi è molto completo, la pasta fresca è strepitosa, i piatti sono molto delicati e lo street food è presente, come antipasto o accanto a un piatto, nel menu gourmet.

Ritorno in Toscana

Gennaio 2024, Francesco sente nostalgia della natia Toscana. La pioggia di Bruxelles, il tumulto della città. Nel frattempo conosce Pauline, si sposano e nascono due figli. Entrambi sognano di vederli crescere all’aperto, tra i pini e i cipressi, ai margini dei vigneti. Dato che i bambini non sono ancora tornati alla “grande scuola”, si dicono che adesso o tra dieci anni, sarà adesso. È qui che Francesco inizia a vagare per le colline tra Pisa e Firenze, questi paesaggi ondulati dal verde intenso, nove mesi all’anno, quando non fa troppo caldo.

Un giorno scopre, a San Miniato, capitale toscana del tartufo, bianco e nero, un ristorante, Collebrunacchi, nel suo succo, frequentato solo da gente del posto, dove i clienti vengono durante la settimana, e soprattutto nei fine settimana, e ancora di più la domenica. , mangiare il cinghiale, la pasta al tartufo di stagione, il pollo in brodo (gallina lessa), specialità locali a base di frattaglie… Insomma, una cucina senza compromessi, di terra, che sembra immutabile. Il ristorante è gestito da una coppia di settantenni sempre vigili ma che vorrebbero passare il testimone. La decisione di Francesco è presa, questo ristorante sarà le sue nuove radici. Lo annuncia prima al suo compagno e amico Ugo. Non saranno più associati, ma rimarranno amici.

Francesco stringe un accordo con gli operatori. La Signora Grazia, nonostante abbia 70 anni, resterà in cucina per il passaggio. Francesco, che è stato sommelier a Racines, entra in cucina e applica il motto di The Leet dell’autore Lampedusa: “ Tutto deve cambiare affinché nulla cambi “. Resterà il menù “classico” di Collebrunacchi. Aggiungerà, come suggerimenti, piatti ancora più “locali”, ancora più toscani. Si avvarrà ancora di più dei produttori locali, in questa regione che pullula di crocchette, tartufi certo, ma di carni eccezionali, di pecorino, di olio d’oliva. E ha già dato i suoi frutti. La clientela locale, quella che arriva nei piccoli tavoli “business” o nelle grandi tavolate familiari, o anche nei pranzi tra amici che sanno cosa vuol dire mangiare locale, continua ad arrivare più che mai. Sta arrivando una nuova clientela, più urbana, più internazionale, perché si sta spargendo la voce che la Toscana terrestre è particolarmente qui che la troviamo.

Collebrunacchi, ci sono stato a maggio, sono tornato a giugno, a luglio e andrò a novembre, per il tartufo bianco. Questo posto è stato amore a prima vista, ho ritrovato emozioni sepolte da secoli, ricordi di salse di pomodoro dal gusto ultra concentrato, di frattaglie, di costine cotte con l’osso, di tagliolini con tartufo estivo, sopressata con un po’ di scorza di limone, zuppa inglese. A volte mi dico che sta diventando sempre più raro trovarlo in Italia osterie che si rivolgono soprattutto alla popolazione locale e che è proprio ciò che piacerà a chi viene da fuori.

Francesco e Paolina potrebbero riuscire in questa scommessa a Collebrunacchi. Ecco, ho curiosato nel menù, e nei sapori, a volte ricchi, nei piatti, a volte confusi per i nostri palati delicati (trippa, testa pressata, ma anche pasta in tutta semplicità) ma piatti che toccano il cuore. Collebrunacchi è nella sua forma originale, la terrazza è magnifica, ma le sedie sono ancora in parte in plastica, la facciata posteriore meriterebbe una ristrutturazione. D’altra parte, speriamo che la stanza rimanga intatta. È stupendo, fermo nel suo tempo, con un piccolo angolo bar dove i prezzi sono ancora in lire. Qui Pauline e Francesco sono all’inizio di un progetto, le loro ambizioni sono grandi quanto il loro talento e quello del loro team che sa cosa significa lavorare e amare. Alla carta, circa 40 euro a persona.

Nel frattempo a Bruxelles…

Racines ha volontariamente guadagnato terreno. Con un menu semplice, con piatti piuttosto “locali”, verdure, pesce (niente carne all’inizio dell’avventura), Ugo ha portato la cucina verso l’innovazione. Ma lo chef mantiene la sua definizione della sua cucina: tradizionale ma contemporaneo. Lo chef non esita a utilizzare prodotti locali per le sue forniture di pesce e verdure, importando il meglio dall’Italia. Attualmente offre in particolare a carne all’albese tutta originale piemontese, con parmigiana “vacca bruna” e finferli, spaghetti freschi alla Normauna ricetta siciliana di pasta con melanzane e ricotta, dove, qui la ricotta è mantecata, le melanzane sono in due consistenze e il pomodoro, intenso. Offre anche un insolito Lavaggi della coda Piemontese, ma con aglio nero. Recentemente ne ho anche assaggiato uno immenso raviolo con ricotta affumicata e finferli.

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