“Non basta tagliarsi un orecchio per diventare Van Gogh”

“Non basta tagliarsi un orecchio per diventare Van Gogh”
“Non basta tagliarsi un orecchio per diventare Van Gogh”
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LIl fumettista Cambon ha pubblicato in Il diario dell’arteil 28 aprile, una caricatura dal titolo “Lo stato del mondo a Venezia”. I visitatori della Biennale d’Arte Contemporanea, ben vestiti e con flute di champagne (o prosecco) in mano, guardano ammirati e sorridenti una scultura che rappresenta il nostro pianeta pieno di cicatrici, tempestato di bende e pronto a ricevere altre ferite come con questa barca dei migranti, questi missili o queste bombe che esplodono ovunque.

L’accusa è giusta, purtroppo, ma la Biennale, che si tiene dal 20 aprile al 24 novembre, rivela anche un’altra osservazione – sociologica, intellettuale o ideologica che dir si voglia. Meno nelle opere esposte (alcune sono militanti, ma non sono molte) che in quello che vogliamo far dire loro. Precisiamo che la Biennale si compone di più sottosezioni: la prima, la più attesa, è la sezione internazionale, affidata ogni volta a un diverso curatore della mostra. Il brasiliano Adriano Pedrosa ha disegnato quella per questa edizione.

Il secondo sono i padiglioni nazionali. Ogni paese rappresentato, novanta nel 2024, mostra gli artisti di sua scelta. Il terzo, che si sviluppa sempre di più, sono le mostre private organizzate in palazzi affittati – a caro prezzo – per l’occasione, o in spazi pubblici, da grandi gallerie o case di moda, quando questo non è il caso degli artisti stessi , purché dispongano dei mezzi finanziari.

Leggi il rapporto | Articolo riservato ai nostri abbonati La Biennale di Venezia del 2024 racconta le migrazioni e i loro drammi

Aggiungi alle tue selezioni

Jean-Hubert Martin lo ha dimostrato magistralmente, nel 1989 a Parigi, con la sua mostra “I Maghi della Terra”: ci sono artisti formidabili anche altrove che in Occidente. Ma aveva fatto una selezione rigorosa delle opere, su basi estetiche, esponendo solo quelle che considerava le migliori. Oggi questi criteri sembrano non valere più: tutto è uguale.

Con il titolo “Stranieri ovunque”, Adriano Pedrosa esprime il suo desiderio di mettere in risalto artisti provenienti dall’America Latina, dall’Africa o dal Medio Oriente. Molti di loro partecipano per la prima volta ad una Biennale. Su trecentotrentuno artisti selezionati, un centinaio non erano mai stati esposti a Venezia, sottolineano con orgoglio le etichette affisse accanto alle loro opere: guardandole, in molti casi, si capisce perché… Lavorare in una regione di ciò che è chiamato Sud del mondo non conferisce necessariamente talento.

Nuovo ordine morale

Nient’altro che essere donna, come ha dimostrato la precedente Biennale, organizzata da Cecilia Alemani che l’aveva dedicata interamente a loro e così purtroppo ha dimostrato che alcune possono essere mediocri come gli uomini, il che, paradossalmente, è una vittoria, se ricordiamo Françoise L’osservazione di Giroud, in Il mondonel marzo 1983: “La donna sarà veramente uguale all’uomo il giorno in cui, a un incarico importante, sarà nominata una donna incompetente. » Dichiararsi queer o LGBTQI+, anche se questo raramente ha ostacolato la carriera artistica (lesbiche e gay erano numerosi negli anni ’20e e XXIe secoli per avere successo, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, almeno in Occidente: in alcuni paesi del Sud del mondo, ciò può valere la pena di morte), non è nemmeno, vedere certe opere esposte a Venezia, una garanzia di qualità : non basta tagliarsi un orecchio per diventare Van Gogh.

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