Olivier Guez: “Prendi il volo”

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Lo scrittore Olivier Guez, a Strasburgo, nel settembre 2024. VINCENT MULLER/OPALE.FOTO

“Mesopotamia”, di Olivier Guez, Grasset, 416 pag., 23€, digitale 16€.

È in Francia per qualche settimana, il tempo di sostenere la pubblicazione del suo nuovo libro, Mesopotamiaprima di ritornare a Roma, dove vive da quattro anni. Da lì, annuncia con orgoglio, andrà a insegnare per un semestre all’Università americana di Princeton, “una storia trasversale della cultura europea”.

In linea con alcune figure che dovrebbero essere al centro dei suoi corsi, come Stefan Zweig o Joseph Roth, Olivier Guez appartiene alla famiglia degli scrittori che non sanno stare fermi; difficilmente vediamo, in ambito contemporaneo, autori francesi portatori di a “visione cosmopolita del mondo” che questo poliglotta (francese, tedesco, inglese, spagnolo, italiano) nato nel 1974 a Strasburgo, affermando di non essere “mai così felice” che percorrere in macchina le strade d’Europa. In una parte della conversazione estranea alla sua personalità o al suo percorso, nota che i suoi libri hanno in comune “Personaggi in fuga »ed è difficile non sentire lì una sorta di eco al proprio irrequietezza.

Il suo primo romanzo e unica fiction, Le rivoluzioni di Jacques Koskas (Belfond, 2013), tendenza buffo-isterica Philip Roth in prima battuta, vide il suo eroe, di origine ebraica sefardita, vagare dall’Alsazia a Parigi, da Berlino a Gerusalemme passando per New York, per sfuggire al destino convenzionale tracciato dai suoi genitori; scriverlo aveva costituito di per sé, per l’autore, una sorta di fuga, a “rompere con [son] ambiente originale, molto chiuso » – spiega di essere stato “in una scuola talmudica dai 6 agli 11 anni”.

Nuovo movimento di volo, ma completo cambiamento di atmosfera La scomparsa di Josef Mengele (Grasset, Premio Renaudot 2017). Olivier Guez ha restituito scrupolosamente gli anni trascorsi dall’ex “medico di Auschwitz” in Sud America, sfuggendo alla giustizia e ai cacciatori di nazisti, fino alla morte su una spiaggia brasiliana nel 1979.

Quaranta uomini e una donna

Oggi, l’eroina di Mesopotamia è una donna che, agli occhi dell’autrice, “Non avevo altra scelta che scappare” : Gertrude Bell (1868-1926). Era un’archeologa, diplomatica, spia e ha svolto un ruolo importante nella storia del Medio Oriente, contribuendo a tracciarne i confini, mentre lavorava per installare la dinastia hashemita sul trono dell’Iraq. Nata in una famiglia benestante nell’Inghilterra vittoriana, single senza alcuna prospettiva di matrimonio poco più che ventenne, “non voleva limitarsi al ruolo di vecchia zitella, quindi ha dovuto andarsene. Ha studiato persiano, arabo, archeologia”dettaglia colui che ne scoprì l’esistenza nel 2003, ai tempi della guerra in Iraq, con una foto della conferenza del Cairo, tenutasi nel marzo 1921 per stabilire il piano per il controllo britannico in Iraq e Transgiordania. Intorno a Winston Churchill posano quaranta uomini e una donna. All’epoca giornalista La Tribuna lavorando sull’energia, si chiede chi sia, cosa ci faccia in questa foto e scriva il suo nome su un quaderno. Quindici anni dopo, lesse La spiga curdadi Jean Rolin (POL, 2018), dove Gertrude Bell appare alla curva di una linea. “Corro a Grasset, mostro la foto del Cairo e dico che attraverso quella racconterò il Medio Oriente. »

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