Tutto quello che c’è da sapere su Bertille Bak, il videomaker che fa cantare l’invisibile

Tutto quello che c’è da sapere su Bertille Bak, il videomaker che fa cantare l’invisibile
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L’artista Bertille Bak, videomaker umanista

Uomini e donne abbandonati, comunità invisibili, emarginate, stigmatizzate, popolazioni precarie, che rischiano quotidianamente la vita… Questi i soggetti centrali dei lavori di Bertille Bak. Per circa quindici anni, ilartista Francese classe 1983 porta avanti un lavoro decisamente sociale ai quattro angoli del pianeta da cui estrae video tra documentario e fantascienza, spesso venati di umorismo e poesia, e talvolta accompagnati da installazioni basate su oggetti raccolti nei luoghi delle sue riprese. Così, il quarantenne umanista impegnato, si interessò sia ai polacchi residenti a New York, ai campi nomadi e perfino alle suore di un convento parigino, ma anche agli abitanti di un edificio di Bangkok sul punto di essere distrutto.

Durante la sua residenza presso la Collezione Pinault a Lens, dal 2019 al 2020, questa originaria del nord della Francia si è immersa nel passato minerario della regione, essendo lei stessa nipote di un minatore. Nominata per il Premio Marcel-Duchamp 2023, ha presentato lo scorso autunno al Centro Pompidou un progetto unico incentrato sull’industria dei fiori, che mette in luce le disuguaglianze tra i paesi del Nord e quelli del Sud che fanno parte di questo commercio globalizzato.

Bertille Bak al Jeu de Paume: una prima grande mostra museale

Primo esposizione scala di Bertille Bak in un museo, “Abuso dell’alito” si riunisce al piano terra della Gioco della palma otto progetti video realizzati negli ultimi dieci anni, integrati da installazioni e composizioni che ne fanno eco. Per quanto diverse e geograficamente distanti siano le comunità filmate, queste opere sono tutte collegate da un lavoro di messa in scena quasi coreografico, persino musicale, che, adottando l’angolo della celebrazione, dell’autoironia o addirittura della speranza, devia le rappresentazioni stereotipate di classi sociali in condizioni difficili, di solito adottando l’angolo del dramma o addirittura del sensazionalismo.

Tra i personaggi incontrati nelle stanze, ci imbattiamo lavoratori Donne marocchine travestite da sirene cantano la melodia di L’Internazionale comunista (Boussa dai Paesi Bassi 32017), il lavoratori di un transatlantico di Saint-Nazaire in movimento all’interno di un’installazione monumentale che riproduce i padiglioni di residenza nel cantiere (La Torre di Babele, 2014), o anche i lustrascarpe boliviani sdraiati per strada, che usano le loro scatole colorate come percussioni per scandire il cammino dei passanti (La Brigata2018–2024).

Resta uno dei progetti più sorprendenti della mostra installazione Minore Minore (2022), video trasmesso su cinque schermi verticali giustapposti: su ciascuno, bambini lavoratori provenienti da cinque paesi (Madagascar, Indonesia, India…) diventano, con le lampade frontali in testa, esploratori di un mondo ispirato al loro ambiente quotidiano, dove finiscono per incontrarsi, passando dalla realtà a un mondo incantevole illuminato da un arcobaleno. Una video commovente, prodotto interamente a distanza durante la pandemia grazie ai cameramen presenti in ciascuno dei siti, che permette all’artista di rappresentare il fragile sogno di infanzie infrante dallo sfruttamento.




Freccia precedente

Courtesy dell’artista, Galerie Xippas Parigi, Ginevra e Punta del Este e The Gallery Apart, Roma © Adagp, Parigi, 2024.




Freccia successiva

L’opera scelta dall’artista: un trittico che parodia il turismo di massa

Al piano terra di Gioco della palma, tre schermi orizzontali giustapposti ti invitano per circa venti minuti in tre diverse regioni: il nord della Thailandia, la Camargue e la provincia marocchina di Tetouan. In ognuno di essi gli abitanti prendono parte ad attività locali: nel primo vediamo sullo schermo gli animali locali del Tiger Kingdom, un famoso parco faunistico; nella seconda, uomini e donne che indossano cappelli tradizionali realizzano, tra le altre cose, cactus gonfiabili…

Dietro queste scene apparentemente “tipiche” si nasconde una critica feroceesotismo di questi siti sempre più visitati dai turisti. Per realizzare questo opera, Bertille Bak invitato queste popolazioni a “parodiare” i propri costumi, un modo di offrire uno specchio ai nostri sguardi annebbiati dai luoghi comuni, ma anche ai nostri riflessi contemporanei: quelli dei visitatori con gli occhi incollati ai nostri telefoni, che utilizzano questi soggetti come oggetti di visuale consumo, tendente ad un soddisfacimento puramente narcisistico effettuato a scapito del rispetto e dell’anonimato delle persone interessate.

Le parole di Bertille Bak

“Gli aderenti all’esotismo si rallegreranno, questi audaci esploratori, questi intrepidi estremi potranno vantarsi di aver visto, di aver percorso sentieri tortuosi, di aver rischiato la vita posando con i “selvaggi” . Con il suo Smartphone e la sua modalità foto a raffica innestata direttamente sotto il dito indice, il consumatore, al suo ritorno, racconterà questa sincera amicizia instaurata con il nativo, ad un pubblico poi stupito da tanto coraggio. Un po’ di ballo, dolci artigianali, un pasto tradizionale, un rito, sentieri sterrati, il tutto in un outfit molto esotico con cui il turista potrà adornarsi durante l’imperdibile servizio fotografico ricordo. Bonus finale: intravedere un seno nutriente che soddisfa una cucciolata di bambini. I vacanzieri, esultanti di felicità, otterranno valore per i loro soldi”.

“Bertille Bak. Abuso del respiro”, mostra fino al 12 maggio 2024 presso Gioco della palmaParigi 1.

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