Suzanne Valadon al Centre Pompidou, le verità di un’artista donna

Suzanne Valadon al Centre Pompidou, le verità di un’artista donna
Suzanne Valadon al Centre Pompidou, le verità di un’artista donna
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Nel 2023, la retrospettiva “Suzanne Valadon” al Centre Pompidou-Metz iniziò maldestramente dando molto spazio ai pittori per i quali aveva posato in gioventù. Per la sua ultima tappa a Beaubourg (1), dopo Nantes e poi Barcellona, ​​la mostra si apre, questa volta, con una serie di autoritratti che rivelano immediatamente la forza di questa autodidatta dagli occhi azzurri d’acciaio, determinata a 18 anni anni per affermarsi su una scena artistica allora largamente dominata dagli uomini.

Quanto a coloro che l’hanno fotografata nuda, mentre li osservava al lavoro, Toulouse-Lautrec (con il quale aveva una relazione), Puvis de Chavannes, Auguste Renoir o Jean-Jacques Henner, sono accuratamente confinati in una piccola stanza. Anche Erik Satie, di cui ha dipinto un ritratto divertente, si ritrova a ritornare sul suo ritornello Vessazioni, composti dopo la loro rottura.

Confrontandosi con i suoi contemporanei

Possiamo così giudicare, attraverso 180 opere, il talento di Suzanne Valadon (1865-1938) in diversi generi. Se passiamo rapidamente alle nature morte, ai bouquet e ai paesaggi, vagamente ispirati a Cézanne, possiamo assaporarne il tratto in due mobili da disegno “duro e morbido” lodato da Degas. Come il suo mentore che l’ha introdotta all’incisione calcografica, la giovane donna eccelle nel catturare l’intimità delle donne nella vasca, mentre si pettinano o si stiracchiano. Disegna la toilette di suo figlio – il futuro pittore, Maurice Utrillo – o di una bambina seduta, nuda e imbronciata. In La bambola abbandonatadipinge un’adolescente che misura con curiosità le sue forme allo specchio.

Decisamente femminista, l’opera appesa mette in risalto, accanto agli autoritratti e ai nudi circondati da una linea nera, opere di contemporanei come Marie Laurencin o la poco conosciuta Georgette Agutte, Alice Bailly, Émilie Charmy, Angèle Delasalle… L’audacia di Valadon sembra tanto più singolare.

All’epoca solo la liberta ritraeva il suo amante – André Utter, che aveva 20 anni meno di lei – nella più semplice macchina fotografica. Allora osa ingrandirlo in composizioni di grande formato. Ispirato da La gioia di vivere di Matisse, ne offre una propria versione – dal Metropolitan Museum di New York – dove i bagnanti si offrono allo sguardo del giovane completamente nudo in un paradiso verde.

Anche lei si dipinge accanto a lui, Adamo ed Eva. Un dipinto che Nathalie Ernoult, responsabile della conservazione del Centro Pompidou, ha scoperto di recente, era stato strappato una volta – senza dubbio da Utter in una delle crisi della coppia –, proprio come il ritratto di famiglia, dove siede tra sua madre, suo figlio e il suo amante, con la mano posata sul cuore…

Ritratti di donne borghesi, immobili nelle loro poltrone

Colei che vinse con il soprannome di “Maria Terribile” imparò molto presto a difendersi? I suoi nudi femminili oscillano tra presunta sensualità e rifiuto, gambe incrociate, braccia incrociate sul petto. Con uno sguardo attento alla condizione della donna del suo tempo, Valadon dipinse, nella sua maturità, ritratti di donne borghesi congelate e pensose, affondate in una poltrona, o anche di un malinconico duo madre-figlia, entrambe adorne della stessa collana e del stesso nodo nei capelli che li circondano.

Non c’è dubbio che preferisca le donne emancipate, come Mauricia Coquiot, artista circense (e futura politica), che posa, in piedi e fiera, con il décolleté. In La Sala Blul’artista raffigura ancora una bruna formosa in pigiama, che fuma sul suo letto con una pila di libri in giro, senza preoccuparsi dello sguardo degli uomini. Un affronto affermatoOlimpia di Manet!

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