Arti plastiche del “pensiero critico”: fantasmi e sogni

Arti plastiche del “pensiero critico”: fantasmi e sogni
Arti plastiche del “pensiero critico”: fantasmi e sogni
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La “mente critica” entra oggi in un mondo intessuto di presenze che non necessariamente si vedono ad occhio nudo, ma che la mediazione della pittura, della macchina fotografica o della scrittura possono far esistere o sentire meno… Entriamo infatti in due mostre il cui universo è popolato dai fantasmi del passato, dagli spettri del presente o dai sogni del futuro.

“Lo spirito critico” si reca quindi a Parigi al Centre Pompidou per la gigantesca retrospettiva dedicata al movimento surrealista in occasione del centenario della pubblicazione del suo manifesto; al museo Jeu de Paume che rende omaggio alla regista e artista visiva Chantal Akerman; ed infine al Museo d’Arte e Storia dell’Ebraismo che propone un’esposizione dedicata alla figura di dibbouk.

« Surrealismo »

“Surrealismo” è la mostra campione d’incassi dell’autunno. È stato inaugurato al Centre Pompidou il 4 settembre e sarà visibile fino all’inizio del 2025. Celebra il centenario di un movimento artistico, culturale e intellettuale inaugurato con la pubblicazione nel 1924 di Manifesto del surrealismo firmato André Breton, la cui definizione accoglie il visitatore in questi termini:

“SURREALISMO nm Puro automatismo psichico mediante il quale ci proponiamo di esprimere, verbalmente, per iscritto, o in qualsiasi altro modo, il funzionamento reale del pensiero. Dettatura del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale. »

La mostra presenta circa 350 dipinti, disegni, sculture, oggetti, installazioni, estratti di film e documenti d’archivio firmati da grandi nomi del movimento, come Joan Miró, Dora Maar, Max Ernst, René Magritte, André Masson e Giorgio De Chirico, ma anche artisti molto meno esposti, soprattutto donne, come Grete Stern o Suzanne Van Damme, o artisti di altri continenti come il giapponese Tatsuo Ikeda, l’egiziano Mayo o il messicano Remedios Varo.

Artisti che non erano quasi presenti nella prima retrospettiva che il Centre Pompidou aveva già dedicato a questo movimento, così come non lo era la voce di André Breton, ricostruita in modo impressionante dall’Istituto di Ricerca e Coordinamento Acustico/Musicale (Ircam).

L’esposizione è costruita come uno splendore attorno al “tamburo” centrale dove si trova l’originale del Manifesto del surrealismoin prestito eccezionale dalla Biblioteca Nazionale di Francia. Il percorso è quindi tematico, con tredici stanze o capitoli che dovrebbero incarnare l’immaginario del movimento, chiamati “Traiettorie del sogno”, “Foreste”, “Chimere”, “Alice”, “Mostri politici”, “Le lacrime di Eros” o ancora “Inni alla notte”.

  • “Surrealism”, curata da Didier Ottinger e Marie Sarré, è visibile fino a metà gennaio 2025.

©Mediapart

« Chantal Akermann. Viaggiare »

“Chantal Akermann. Travelling” è il titolo della mostra appena inaugurata al Museo Jeu de Paume di Parigi e che resterà visitabile fino a gennaio 2025. «in viaggio» ritorna alle geografie e ai materiali che compongono il lavoro di Chantal Akerman, regista, artista visiva e scrittrice.

Nato nel 1950 e suicidatosi nel 2015, l’artista belga è sotto i riflettori, con l’uscita nelle sale di sedici lungometraggi, tra cui Jeanne Dielmann, Io, tu, lui lei o anche Storie d’Americaoltre ad un cofanetto, edito da Capricci, di quarantasei film. Un programma visivo che fa seguito anche ad un copioso lavoro intitolato Chantal Akermann. Lavoro scritto e parlato e pubblicato in primavera su L’Arachnéen.

Chantal Akerman è stata una delle prime registe a passare a quello che lei stessa chiamava “gioco d’arte”con la realizzazione, tra il 1995 e il 2015, di una ventina di videoinstallazioni presentate in numerosi musei del mondo.

Molte di queste installazioni si ritrovano nella mostra Jeu de Paume, anche se va oltre, poiché è composta anche da una selezione di film e da una scelta dell’archivio della Fondazione Chantal-Akerman: scenari, appunti di intenti e anche filmare fotografie.

  • La curatela di questa mostra, già presentata in versione ampliata a Bruxelles e accompagnata da un entusiasmante programma di proiezioni speciali dei film di Akerman, è assicurata da Laurence Rassel e Marta Ponsa.

©Mediapart

« Il Dibbuk. Il fantasma del mondo scomparso »

“Il Dibbuk. Ghost of the Vanish World” ha appena inaugurato al MahJ, il Museo di Arte e Storia dell’Ebraismo. Nella cultura popolare ebraica, a dibbouk designa un’anima errante che prende possesso di una persona vivente.

La creatura soprannaturale che è dibbouknato nell’Europa dell’Est nel 18e secolo, fa parte delle credenze popolari prima ancora di ispirare l’immaginazione artistica, in particolare a partire dalla creazione della tragedia di Shlomo An-ski intitolata Tra due mondi. Il Dibbukrisalente al 1915. Questa variazione sul tema di Romeo e Giulietta che evoca il tradizionale mondo yiddish e il modo in cui le anime morte si cercano oltre la morte, è stata adattata da Michał Waszyński nel 1937 in quello che rimane uno dei più popolari in Cinema yiddish.

Con un centinaio di opere, la mostra esplora la figura di dibboukattraverso un percorso che unisce pittura, teatro, cinema, musica, letteratura e cultura popolare. Ciò ci dice in particolare che “dybbuk” era il soprannome dato dal Mossad al criminale nazista Adolf Eichmann mentre lo stavano rintracciando. Ma ci mostra anche come la Shoah, travolgendo un’intera parte del mondo ebraico europeo, abbia spiazzato la figura di dibbouk negli Stati Uniti, prima di tornare, negli anni ’80, nel teatro polacco per interpretare il fantasma di un paese senza ebrei e perseguitato dal suo passato…

  • “Il Dibbuk. Ghost of the Vanish World” è stato inaugurato al Museo di Arte e Storia dell’Ebraismo il 26 settembre e sarà visibile fino al 26 gennaio 2025.

©Mediapart

Con :

  • Magali Lesauvageredattore capo di Il Settimanaleil numero settimanale di indagini speciali di Arte quotidiana ;
  • Salama Victoria Le Bolochcritico d’arte.

“Critical Mind” è un podcast registrato nei Gong Studios e prodotto da Karen Beun.

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