Lussemburgo: E se lavorassimo 40 ore in quattro giorni?

Lussemburgo: E se lavorassimo 40 ore in quattro giorni?
Lussemburgo: E se lavorassimo 40 ore in quattro giorni?
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“Dipendenti del Lussemburgo, chiediamo la possibilità di completare la nostra settimana lavorativa di 40 ore in quattro giorni, senza riduzione dello stipendio”. Una petizione aperta alle firme da venerdì mattina chiede “maggiore flessibilità e benessere” nell’organizzazione dell’orario di lavoro, per “conciliare meglio vita professionale e vita privata, pur mantenendo la produttività e l’efficienza delle imprese”.

La firmataria, Sonia Nejjoum, ritiene che “la pandemia abbia trasformato il modo in cui lavoriamo, dimostrando che i modelli flessibili possono essere produttivi e benefici per la salute dei dipendenti”. Secondo lei, “un numero crescente di paesi e aziende stanno adottando la settimana di quattro giorni con risultati molto positivi”, tra cui “maggiore motivazione, riduzione dello stress e miglioramento della qualità della vita”. Afferma inoltre che “la formula potrebbe rimanere flessibile per adattarsi alle realtà di ciascun settore”, promettendo allo stesso tempo “un’organizzazione del lavoro più umana e più moderna”.

La riduzione dell’orario di lavoro era uno dei temi della campagna legislativa 2023. Soprattutto i socialisti volevano porre fine alle 40 ore settimanali. Un’idea lanciata dall’ex ministro del Lavoro Georges Engel e sostenuta dalla capolista alle elezioni, Paulette Lenert. La proposta della petizione è diversa, perché mantiene le 40 ore, ma distribuite diversamente. Resta da vedere chi riuscirà a restare efficiente nel proprio lavoro per dieci ore al giorno.

In totale, questo venerdì sono state aperte sedici petizioni alla firma e ci sono 45 giorni di tempo per ottenere le 4.500 firme che danno diritto a un dibattito pubblico. Tra questi, uno chiede “il divieto di TikTok”, un altro dice “no agli accordi Mercosur”. Fa parte delle richieste anche l’autorizzazione ai dipendenti di recarsi alle visite mediche senza prendere ferie.

Infine, mentre l’idea è stata abbandonata dal ministro della Difesa, si chiede il ritorno del servizio militare obbligatorio “per la sicurezza e la coesione del nostro Paese”. Lanciata al volo da Yuriko Backes, l’idea non ha entusiasmato molto le folle finché il ministro non ha fatto marcia indietro.

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