Il punto di vista dei manager, cioè di coloro che, nelle aziende, assumono e supervisionano, è estremamente duro nei confronti delle nuove generazioni. Secondo uno studio Odoxa/Baker Tilly per il festival Think Forward organizzato martedì 12 novembre a Nantes, quasi l'80% dei decisori ritiene che i giovani siano più difficili da supervisionare rispetto agli anziani. “Sono costretti ad adattare la propria gestione per soddisfare le aspettative specifiche dei giovani di età compresa tra i 18 e i 34 anni, in particolare in termini di motivazione a lungo termine, equilibrio tra lavoro e vita privata e sviluppo personale”constata Gaël Sliman, presidente di Odoxa. Altrimenti cosa? “Uff… i giovani rinuncerebbero all’azienda d’un fiato”, aggiunge la sirena.
L’85% degli stessi manager intervistati, infatti, percepisce i giovani come meno attaccati alla propria azienda, giudicandoli più propensi a cambiare rapidamente posizione. Questa percezione evidenzia una sfida importante per i datori di lavoro che cercano stabilità all’interno dei propri team: come attrarre e trattenere giovani talenti in modo da non compromettere la gestione dei progetti a lungo termine.
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Una fedeltà in discussione
I giovani non sono diventati, tutt’altro, allergici al lavoro. Un buon terzo degli intervistati in questo stesso sondaggio lo considera essenziale per il proprio sviluppo personale. Ma non credono al “lavoro come passione”: il 56% pensa che fare un lavoro che lo appassiona sia, nella migliore delle ipotesi, un vantaggio “non necessario” (39%) o, nel peggiore dei casi, qualcosa di inutile.
Queste cifre riflettono un’evoluzione dei valori e delle aspettative professionali delle nuove generazioni, come spiega Gaël Sliman: “I giovani cercano più equilibrio e significato nella loro vita professionale, piuttosto che un semplice percorso di carriera ascendente. » Mentre nel suo lavoro Uscire da un lavoro che non paga più (Éditions de l’aube), Antoine Foucher, specialista in questioni sociali, ricorda: “La popolazione attiva di oggi è la prima generazione dal 1945 che lavorerà tanto, o anche di più, dei loro genitori, e senza avere la speranza di vivere molto meglio di loro”.
Secondo lo studio Odoxa, i principali driver di motivazione al lavoro per i giovani sono, nell'ordine, sia la retribuzione (40%) che lo sviluppo personale (35%). Per loro la sicurezza del lavoro conta poco (9%) e sono tutti d'accordo sulla dimensione della loro azienda ideale… meno di 50 dipendenti, a misura d'uomo.
Verso un necessario adeguamento delle imprese
Questi risultati evidenziano un significativo divario generazionale. Per attrarre e trattenere i giovani, le aziende dovranno ripensare le proprie pratiche manageriali e adattarsi alle aspirazioni delle nuove generazioni, promuovendo l’ascolto individuale della buona parola collettiva. Il festival Think Forward 2024, organizzato da OPA e Ouest-France/API, questo martedì 12 novembre a Nantes, affronterà queste questioni cruciali per il futuro del mondo professionale.